La norma che per il 2012 e 2013 ha bloccato la rivalutazione automatica delle pensioni, a partire da quelle superiori a tre volte il minimo (cioè 1500 euro circa), è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 70, depositata oggi in cancelleria. In particolare si tratta del comma 25 dell’articolo 24 del decreto Salva Italia, varato dal governo Monti il 6 dicembre 2011, subito dopo l’insediamento a Palazzo Chigi. Un provvedimento divenuto famoso per le lacrime, in conferenza stampa, dell’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero quando annunciò il provvedimento.
La misura fu presa “in considerazione della contingente situazione finanziaria” ma secondo il collegio giudicante le misure imposte dal governo tecnico anche alle pensioni basse “risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”. Perché “l’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite”, mentre l’esecutivo guidato da Monti si limitò a “richiamare genericamente la contingente situazione finanziaria”.
Secondo la Consulta, la norma “si discosta in modo significativo dalla regolamentazione precedente”, “che non discriminava tra trattamenti pensionistici complessivamente intesi, bensì tra fasce di importo”. Mentre col cambio di rotta del governo Monti “non solo la sospensione ha una durata biennale” ma “incide anche sui trattamenti pensionistici di importo meno elevato” senza alcun criterio di progressività. Sarebbero dunque stati “valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite” dagli ex lavoratori con una pensione di poco superiore ai 1.200 euro ma comunque bassa. E tutto questo nonostante già in una sentenza del 2010 la Consulta avesse messo in guardia dal fatto che, intervenendo troppo spesso sul blocco delle rivalutazioni, “le pensioni potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta”.
Si difende l’ex ministro Fornero, da cui appunto prese il nome la riforma: “Non fu scelta mia”, puntualizza l’ex componente dell’esecutivo Monti sottolineando che fu una decisione “di tutto il Governo”. L’ex ministro del Lavoro, che pianse quando dovette annunciare le misure sulle pensioni, sostiene di essere “rimproverata per molte cose, ma quella non fu una scelta mia, fu la cosa che mi costò di più. Fu ritenuta dal Governo nel suo insieme, soprattutto da quelli che guardano ai conti, una scelta necessaria perché dava risparmi nell’immediato”. Sulla sentenza della Corte Costituzionale, che di fatto, ha cassato la norma, Fornero ha detto che la Consulta ” avrà avuto le sue buone ragioni”, per bloccare il provvedimento.