Governo e Parlamento si fronteggiano in una serie di piccole sfide in quello che è il percorso accidentato verso la riforma della legge elettorale. Renzi ha giocato subito l’asso nella manica: un consiglio dei Ministri, durato pochi minuti e richiesto con un solo punto all’ordine del giorno, ha autorizzato l’apposizione della fiducia alla legge elettorale. Così il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi si è alzata in Aula e ha posto la questione di fiducia. Immediate le reazioni polemiche dei deputati.
L’aula della Camera voterà domani pomeriggio la prima delle tre fiducie che il governo pone sulla legge elettorale. Le altre due saranno votate giovedì, così come deciso dalla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Non è ancora chiaro quando si terrà la votazione finale sulla legge elettorale nell’Aula della Camera. Non si conosce ancora quanti saranno gli ordini del giorno al testo (le opposizioni ne presenteranno numerosissimi, annuncia Renato Brunetta di Fi), ed il termine per la presentazione dei testo scadrà giovedì alle 11. È quindi probabile che al voto finale si giunga la prossima settimana: tuttavia domani si terrà una nuova riunione dei capigruppo (già prevista, per approvare il calendario di maggio.
Al premier, dunque, non è bastato vincere il primo round in Aula, con la bocciatura delle pregiudiziali di costituzionalità e di merito e la bocciatura della questione sospensiva, ma ha deciso di blindare la riforma elettorale da eventuali colpi bassi, anche della sua stessa maggioranza. Anzi, è stata forse la tensione che caratterizza il dibattito interno al Pd che ha spinto il governo a evitare ogni rischio.
Su Twitter il premier non le manda a dire:
Una mossa che è stata vissuta però come un colpo di mano “di deriva autoritaria” visto che questa mattina Montecitorio aveva respinto con un duplice voto segreto, altrettante pregiudiziali presentate da Fi e le altre opposizioni. I no sulle pregiudiziali di costituzionalità sono stati 384 e i sì 209.
Bocciate anche le pregiudiziali di merito con 385 no e 208 sì.
No anche alla questione sospensiva votata a scrutinio palese e bocciata con un minore scarto: i voti a favore sono stati 206, 369 quelli contrari, 1 deputato si è astenuto. Secondo fonti parlamentari, l’orientamento di questa mattina voleva che la maggioranza dei deputati dell’opposizione interna al Pd votasse a favore della riforma, nonostante ieri la minoranza Dem fosse stata sfidata da Renzi, che aveva chiesto loro di non bloccare le riforme perché in ballo c’è “la dignità del Pd” , parole respinte da Gianni Cuperlo come “offensive” e “false”. “Uno strappo incomprensibile dopo il voto di stamane – ha commentato a caldo Barbara Pollastrini, esponente dell’area di Sinistra Dem che fa capo a Gianni Cuperlo. – Alla mano tesa si è preferito rispondere erigendo muri. Sono tanto rammaricata. Ho sperato fino all’ultimo un altro tipo di fiducia: quella nel Parlamento e nel Pd”. È “una scelta grave, indecifrabile. Uno strappo che ritengo non vada letto come un elemento di coerenza e determinazione ma rischia di apparire come un elemento di debolezza, anche perché non aiuterà a favorire un clima positivo nei rapporti tra le forze politiche”. Lo afferma ai cronisti Gianni Cuperlo, commentando la scelta di porre la fiducia da parte del governo. Cosa faremo? “Lo valuteremo”. Più deciso il leader dei sinistrorsi del Pd, Pippo Civati. “Fiducia sull’Italicum: non la voterò”.
Rimanda poi al suo blog dove poco prima aveva commentato la decisione del Cdm sottolineando come fosse “una scelta forzata, non giustificata da nessun elemento, né numerico, né politico”.
“Tra le materie escluse dalla facoltà del governo di porre la questione di fiducia non ci sono quelle elettorali, per cui la presidenza, senza entrare nel merito dell’opportunità politica, non può che ammettere l’esercizio di tale prerogativa”, ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini intervenendo in Aula alla Camera. Boldrini ha citato una serie di precedenti, spiegando che “ci vorrebbe una esplicita modifica del regolamento della Camera, senza il quale la esclusione della possibilità di porre la fiducia sarebbe arbitrario”, ha concluso la presidente. “Nel nostro ordinamento – dice – il governo può in ogni fase porre la questione di fiducia, individuandone l’oggetto. Alla luce di tale principio, i casi di esclusione della facoltà di porre la fiducia sono individuati dall’articolo 116 comma 4 del regolamento e non prevede tra quelle escluse dalla facoltà del governo di porre la fiducia, anche la materia elettorale. La presidenza, senza entrare nel merito dell’opportunità politica di porre la fiducia, non può che consentire al governo di ricorrere a tale possibilità”.
Il clima dunque resta teso. Fuori dal parlamento Corrado Passera si è imbavagliato contro la riforma, mentre Luigi Di Maio (M5s), vice presidente della Camera, ha dato dei “miserabili” ai deputati della minoranza del Pd che sostiene penserebbero solo “alle poltrone”.
Visualizza Commenti
Chi sale al potere se la canta e se la suona gli altri volenti e non nolenti si accoderanno