La legge elettorale arriva oggi alla Camera per la discussione generale. Il clima non è certo sereno: dopo lo scontro in Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, il cammino dell’Italicum potrebbe essere ad ostacoli.
Il presidente del Consiglio ha già messo le mani avanti: si va avanti a ogni costo. Renzi, però, ha anche lanciato un monito agli alleati e alle forze che cercano di contrastare l’iter della legge, se l’Italicum non passa rassegnerà le dimissioni e si potrebbero dunque aprire scenari finora impensabili.
Sul provvedimento pende il voto di fiducia, che l’esecutivo potrebbe mettere su ognuno dei quattro articoli del testo. Domani dovrebbero essere votate le pregiudiziali di costituzionalità (e di merito, che saranno accorpate), annunciate da Forza Italia. Ma, oltre allo scontro tra maggioranza e opposizioni, c’è tensione anche nel Pd. Da una parte i “dissidenti” che hanno abbandonato la seduta della Commissione e sono stati prontamente rimpiazzati; dall’altro voci isolate, ma di un certo peso, che criticano la riforma.
L’ultima è quella del vice presidente della Camera, Roberto Giacchetti, del Pd, che ha dichiarato che “la legge elettorale è un compromesso: l’Italicum mi piace meno di come era originariamente. Rimango convinto che le preferenze siano un problema serio, che erano meglio i collegi”, non una bocciatura ma una pregiudiziale pesante prima della discussione in Aula.
Sul Corriere della Sera, il vice segretario del Pd, Lorenzo Guerini, cerca di ricompattare il partito sottolineando che “il governo ritiene possibile usare la fiducia solo come extrema ratio. Il tema è come i parlamentari, a viso aperto, vogliono prendersi le responsabilità davanti al Paese, non nascondendosi dietro l’uso improprio del voto segreto”. Sulle “pressioni indebite” di Renzi sul Parlamento denunciate dall’ex segretario Pier Luigi Bersani, Guerini è convinto che “la stragrande maggioranza del Pd” sosterrà la legge e “non ci sarà una frattura lacerante, la divisione è meno marcata di quanto si tende a far vedere”. Infine, il vice segretario bolla come “assolutamente fantasiosa” l’ipotesi circolata in questi giorni secondo cui Denis Verdini potrebbe entrare nel Pd.
Da uno dei dissidenti del Pd, e cioè dal capogruppo dimissionario a Montecitorio Roberto Speranza, giunge un monito a Renzi sulla decisione di mettere la fiducia che “sarebbe una violenza vera e propria al Parlamento italiano” ma allo stesso tempo dall’ex segretario, oggi ministro dei Beni culturali, Franceschini arriva l’appello “agli ex segretari Epifani e Bersani, ma anche a dirigenti di valore come Bindi, Cuperlo e Speranza” di portare a termine “una riforma storica che abbiamo fallito almeno dieci volte” definendo i toni della minoranza del suo partito “apocalittici” e “francamente sproporzionati”.