Il naufragio del barcone carico di migranti al largo della Libia è stato causato da “errate manovre del comandante del peschereccio e al sovraffollamento dell’imbarcazione, caricata fino all’inverosimile“.
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“Il riconoscimento di entrambi gli indagati è effettuato dalla maggior parte dei testi e quasi tutti riferiscono che il ‘comandante’ era anche il conducente” lo afferma la Procura di Catania sui due presunti scafisti indagati per il naufragio. Del secondo, un siriano che ieri ha accusato l’indagato tunisino, “molti dicono che faceva eseguire gli ordini del comandante, che faceva uso di un telefono satellitare per mantenere i rapporti con l’organizzazione libica, almeno in un paio di circostanze tra cui una nella fase di avvistamento del mercantile portoghese”.
Sul capovolgimento del peschereccio libico “molti riferiscono di tre urti causati dalle manovre del comandante tunisino che avrebbero provocato forti oscillazioni”. La Marina Militare effettuerà al più presto una ricognizione del relitto per trarne una documentazione fotografica e video, al fine di consentire di raccogliere elementi di prova e di valutare la necessità e la fattibilità di eventuali ulteriori operazioni.
La dinamica dell’accaduto è stata ricostruita attraverso “concordanti dichiarazioni dei sopravvissuti” agli atti dell’inchiesta aperta dalla Procura di Catania, che sono stati sentiti da guardia costiera, polizia di stato, Sco di Roma e squadra mobile etnea. Molte dichiarazioni confermano anche “l’immediata e proficua attività di soccorso da parte del mercantile portoghese che, dopo aver prontamente aderito all’ordine di prestare soccorso, si è profuso per molte ore nel soccorso e nella ricerca dei naufraghi”.
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I migranti, ricostruisce la Procura di Catania, “furono inizialmente concentrati in una fattoria nei pressi di Tripoli”. Secondo una prima stima erano complessivamente tra i mille e i milleduecento. Sono stati poi portati con furgoni fino alla costa e qui trasbordati a mezzo di un gommone di grosse dimensioni sul peschereccio. Essi provenivano da diversi Paesi e hanno pagato somme molto diverse per il viaggio, che prevedeva l’Italia come destinazione del percorso per mare. Le somme pagate sono in alcuni casi molto basse (tra i mille ed i 1500 dinari libici) ma raggiungono anche i 7.000 dollari. Non sono chiare le ragioni di differenze così rilevanti.
La Procura di Catania valuta anche che “dal complesso delle dichiarazioni può affermarsi ragionevolmente che sul peschereccio vi fossero oltre 750 persone“. Dagli atti dell’inchiesta emergerebbe anche la “presenza poco prima della partenza di personale libico, indicato come ‘poliziotti'” che avrebbero ricevuto dei soldi.
Ma oltre la dinamica, emergono altri particolari inquietanti su come gli scafisti trattavano i profughi, definiti atti di “inumana violenza”. Diversi migranti sarebbero stati “picchiati selvaggiamente con dei bastoni” perché “non obbedivano agli ordini” dei trafficanti. “Le bastonature avrebbero provocato alcuni decessi, altri sarebbero morti di stenti”.
A non obbedire sarebbe stato anche un ragazzo che ha si era alzato senza permesso. Il giovane è stato ucciso e poi buttato in mare.
La procura di Catania ha reso noti i nomi dei 26 migranti sopravvissuti al naufragio di sabato scorso (altri due sono i presunti scafisti), chiedendone la pubblicazione “ai fini di una completa informazione dei congiunti”.
Questo l’elenco: