La prima reazione alla sentenza della corte di Bruxelles su Bruno Contrada è di Vittorio Sgarbi. “I giudici che condannarono Contrada – spiega Sgarbi – andrebbero messi fuori dalla magistratura perché, evidentemente, non conoscono la legge. Non si può essere processati e condannati per un reato che non esiste. Aveva ragione il Procuratore generale della Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello quando nella requisitoria del processo Dell’Utri ha scritto che “il concorso esterno è ferocemente contestato in dottrina e giurisprudenza sotto il profilo della sua tipicità sfuggente. Tre Sezioni Unite hanno cercato di tipizzarlo. Ammettere una contestazione in fatto significa platealmente aggirare il principio di tipicità. Cioè la principale conquista dell’illuminismo giuridico. Dunque, ci deve essere un atto (esame o altro) in cui l’accusa mi dica dettagliatamente e in forma chiara e precisa la condotta criminosa che avrei commesso”.
Per la deputata di Forza Italia, Jole Santelli, “La somma di diecimila euro a cui è stata condannata l’Italia per il caso Contrada è ridicola, il ristoro morale enorme. Il giudizio è che il reato di ‘concorso esterno in associazione mafiosa’ non determinato dalla legge, bensì creatura giuridica nata dalla procura guidata da Giancarlo Caselli, e che caratterizzò circa 15 anni di dibattito, non esisteva, quindi non poteva determinare condanna”.
“Tradotto in un Paese di Diritto esiste la Certezza del Diritto, esiste il principio di legalità, le norme penali sono stabilite per legge dal Parlamento. Questo con buona pace di quella magistratura che ambisce ad una funzione suppletiva di interpretazione creativa. Ci sarà anche una responsabilità civile dei magistrati in questa vicenda? Difficile. In fondo siamo ancora lontani dall’essere una Democrazia compiuta”, conclude.