Con grande celerità è arrivato il sì dell’Aula della Camera al ddl che introduce in Italia il reato di tortura sull’onda della sentenza di condanna della Corte di Strasburgo per i fatti di Genova del 2001. Il via libera di Montecitorio arriva con voti 244 favorevoli, 14 contrari e 50 astenuti. Il testo ora torna a Palazzo Madama.
La legge ha, tra i suoi riferimenti principali la Convenzione Onu contro la Tortura, firmata (anche dall’Italia), a New York nel 1984.
Il testo all’art. 1 prevede che quello di tortura sia un reato punibile con la reclusione da 4 a 10 anni e ascrivibile a chiunque “con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata, o comunque sottoposta a sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche” per “ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza” o “in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose”.
Intanto in Aula è polemica sul fatto che il reato intervenga solo nel caso la vittima sia affidata alla vigilanza del presunto colpevole. Una fattispecie che, secondo il M5S escluderebbe che avvenimenti come quelli della Diaz possano essere puniti per reato di tortura. “Così è una legge inutile”, tuona il M5S.
E scatta l’aggravante quando a commettere il reato è proprio un pubblico ufficiale che agisce con abuso di potere o violando i doveri inerenti alla sua funzione. In questo caso la pena massima è di 15 anni di carcere, la minima di 5.