Alla fine ha prevalso l’amore. La “prima” da ct di Antonio Conte allo Juventus Stadium non poteva davvero andare meglio. Un ingresso trionfale per l’Italia e per il suo tecnico, dimostrazione di come l’entusiasmo e il senso di appartenenza possano facilmente spazzare via polemiche e inutili veleni. Eppure in molti avevano temuto il peggio.
Dalla vicenda di Claudio Marchisio e del suo misterioso infortunio, al duro botta e risposta tra la dirigenza juventina ed il suo ex condottiero oggi ct della Nazionale. Conte è sembrato sul punto di mollare, avvolto com’era da un vortice di acredine e risentimento. Il web, i suoi vecchi tifosi, i suoi ex colleghi di lavoro: tutti a dargli addosso.
Poi la svolta, inaspettata e dirompente. A Sofia contro la Bulgaria gli azzurri non vanno oltre il 2-2, giocano male e mettono a rischio la qualificazione. Ma è qui che il tecnico barese sorprende tutti. Nessun broncio, nessun mutismo in conferenza (così come accaduto prima della trasferta bulgara), solo tanta grinta e fiducia sulla sua missione in Nazionale. In molti sospettano che dietro a tutto ciò ci sia lo zampino di Tavecchio e della Puma, ma in definitiva cosa importa?
Ciò che adesso conta è la rinnovata unità di intenti. La Juventus non ha digerito la decisione della Figc di rimuovere allo Stadium tutti i riferimenti agli scudetti di Calciopoli, così come anche alcune convocazioni di Conte. Se però Elkann ha comunque deciso di fare un passo indietro, Tavecchio e Conte non sono stati da meno alleggerendo il tiro nelle ultime ore. Ed infine gli applausi ed i cori dello Stadium a sancire la pace, si spera definitiva.