Fermato dalla polizia un uomo durante la notte a Palermo, Fabio Chianchiano, nell’ambito dell’indagine sull’omicidio di Franco Mazzè, pregiudicato di 46 anni, assassinato ieri nel quartiere Zen, da due killer che gli hanno sparato in testa. Tre i colpi mortali, come ha dimostrato l’autopsia, eseguita nel tardo pomeriggio di lunedì.
Il provvedimento di fermo è stato firmato dal pm Gery Ferrara. Mazzè è morto poco dopo essere arrivato in ospedale.
Formalmente gli vengono contestati i reati di tentato omicidio e possesso illegale di armi: prima del delitto avrebbe avuto una violenta lite con la vittima. Chianchiano ha detto agli inquirenti, nel corso di un lunghissimo interrogatorio, di avere passato la domenica in chiesa a distribuire le palme benedette.
Attraverso l’analisi delle immagini delle videocamere, e dalle indagini della polizia, è stato possibile fare una prima ricostruzione dei fatti che hanno portato al delitto. Domenica mattina, in un bar dello Zen, c’è stata una violentissima lite tra Fabio Chianchiano e il fratello di Mazzè. Tutto comincia, come riprendono le telecamere del locale, da una discussione che degenera davanti a decine di persone. Qualche ora dopo Mazzè viene affiancato da un auto blu con due persone a bordo che scendono e gli sparano. Qualche ora dopo due uomini col volto coperto da un cappuccio – uno dei quali secondo la polizia è Chianchiano – si presentano a casa di un amico della vittima, Michele Moceo, anche lui, come Mazzè a cui è legatissimo, con precedenti in indagini di mafia, e sparano contro la sua abitazione. Queste immagini, secondo gli inquirenti, smonterebbero l’alibi dichiarato da Chianchiano.
Gli investigatori stanno cercando di capire il movente dell’omicidio e della sparatoria davanti a casa di Moceo, episodi certamente collegati. Secondo la polizia, infatti, Chianchiano, e un complice ora ricercato, avrebbero prima ucciso Mazzè, poi cercato di assassinare o intimidire l’altro pregiudicato. Non è ancora chiaro se dietro i due blitz ci sia la reazione alla rissa scoppiata al bar, in cui Chianchiano ha avuto la peggio, o – e questa è l’ipotesi più accreditata – una resa dei conti per questioni legate al traffico di droga o alle rapine. Il nome di Chianchiano viene fuori nei “pizzini” sequestrati al boss di San Lorenzo Sandro Lo Piccolo, il pregiudicato ha precedenti per traffico di droga. Potrebbe dunque essere venuto in contrasto con Mazzè e Moceo – anche lui con una lunga lista di contestazioni per mafia, rapina e droga – e avere pianificato la loro eliminazione.