Da mesi decine di turisti americani incontrano settimanalmente il figlio del capomafia Bernardo Provenzano, Angelo. Gli incontri sono partiti a settembre scorso e nel periodo estivo, quello di maggiore flusso turistico, arriveranno a due a settimana. I meeting avvengono durante la tappa palermitana di un viaggio organizzato da un tour operator di Boston. Nel corso degli incontri Provenzano, 39 anni, racconta ai turisti la sua vita e il rapporto col padre.
Gli interventi sono preceduti da una breve introduzione sulla storia della mafia fatta da uno degli organizzatori. Dopo una prima fase “sperimentale” gli incontri sono diventati tappa fissa del tour: enorme l’interesse suscitato nei turisti dai racconti del primogenito del boss.
Al termine dei meeting gli “spettatori” – generalmente professionisti e intellettuali che arrivano da ogni parte degli Stati Uniti – rivolgono a Provenzano una serie di domande sulla figura del padre, ma anche sulle difficoltà che nascono dal portare un cognome tanto “ingombrante”.
“Per me si tratta di una opportunità lavorativa importante in un settore, quello turistico, nelle cui potenzialità ho sempre creduto. E poi confrontarmi con una cultura diversa dalla nostra e scevra da pregiudizi mi pare un’avventura molto stimolante”, dice Provenzano Jr. “Resta il fatto – ha concluso Provenzano a proposito dell’interesse mediatico suscitato dalla notizia- che vorrei una vita più normale possibile. Ma mi rendo conto che non c’è speranza”.