La tesi della “eterogenesi dei fini” fu teorizzata per la prima volta da Giambattista Vico, secondo cui la storia umana contiene in sé, potenzialmente, la realizzazione di certe finalità. Più semplicemente, il percorso evolutivo dell’uomo è mirato al raggiungimento, tappa dopo tappa, di un qualche fine. Tale percorso non è però da intendersi come lineare. Quindi nella maggior parte dei casi accade che, mentre ci si propone di raggiungere alti e nobili obiettivi, la storia arrivi a conclusioni totalmente opposte.
Mai una teoria fu così attuale, e parliamo di un periodo compreso fra il 1600 e il 1700, facendoci riflettere per arrivare sempre alle nostre amare conclusioni. Purtroppo, negli ultimi anni possiamo contare tantissimi esempi che ci confermano questa tesi. Mi limiterò a soli due esempi, prendendo quelli più attuali.
Il primo è quello dell’uomo politico. Chi inizia questo percorso, qualunque sia la sua ideologia, parte con il presupposto di voler cambiare il mondo, per un bene sociale e altruistico. Ma, inesorabilmente, già a metà del suo percorso, questo intento viene cambiato. Ed il bene viene ridimensionato a quello della sfera personale, del proprio io, dimenticandosi degli altri.
Il secondo è quello dell’uomo antimafia. Sicuramente ha iniziato con i migliori propositi: onestà, voglia di cambiare il mondo, essere un punto di riferimento di etica e di morale universale. Purtroppo, anche in questo contesto, molti deviano dalla via maestra, deturpando e mortificando un modo di essere, di vivere, di agire, svilendo il tutto, facendo vincere le tentazioni più materiali e vili dell’essere umano quali potere, denaro e vana gloria.
Vi racconto questa esperienza, di alcuni giorni fa, che sembra un paradosso; parlavo con dei ragazzi disoccupati, ad un certo punto uno di loro mi dice: “Ma a questo punto che vale essere iscritti alle liste di disoccupazione, presentando curricula con tanto di laurea, quando se ci iscriviamo all’antimafia possiamo trovare lavoro in tutti gli enti, addirittura nei consigli d’amministrazione?”.
Mi piacerebbe tanto che a questa domanda potessero rispondere gli innumerevoli personaggi che hanno usufruito, in questi anni, dei benefici, dei privilegi e delle agevolazioni dello stato, contro ogni principio di uguaglianza costituzionale, alterando la legge di mercato, distruggendo la concorrenza, occupando posti di grande prestigio e di potere, solamente perché protetti dallo scudo di un “Nome”. Tutto questo a danno non dei mafiosi, ma di tutti i cittadini ed imprenditori perbene, ligi alle regole ed alla legge, che non hanno mai commesso alcun reato o atto doloso. La mafia e qualunque altro male, si combatte concretamente con le azioni di ogni giorno nella nostra quotidianità, nel nostro lavoro, nelle nostre famiglie, con le azioni concrete, con l’educazione, con l’esempio; non certo con i proclami, con le bandiere o con le spille.
Mi piacerebbe sapere quale apporto concreto e documentato è stato dato in termini di sviluppo, di soluzione dei problemi, di vera lotta alla mafia, di miglioramento della vita sociale, al di là delle parole e dei simboli; insomma, se questi personaggi hanno dato un valore aggiunto per un cambiamento reale e concreto della nostra Società. O forse è stato un modo per sostituirsi ad altri poteri, con un’ottima strategia, per lasciare il tutto così come era prima “gattopardianamente”? Forse è meglio non ricevere la risposta, coltivando la speranza che qualcosa sia veramente cambiata o che cambierà.
Ma, come successo in passato, dobbiamo sperare nell’uomo, perché la storia ci ha insegnato che esistono casi di eroismo che ci fanno diventare ottimisti, eroi eterni come Falcone e Borsellino; dobbiamo, quindi, sperare che il Padre Eterno ci invii, prima possibile, altri uomini come questi che difenderanno i miti, i giusti, i silenziosi, gli umili, gli italiani tutti. Perché i sostantivi “antimafia” ed “ anticorruzione”, che voglio e vorrò sempre elogiare , appartengono a tutti noi.