Un doppio errore ha messo fine alla vita di Valeria Lembo, la donna di 34 anni, morta il 29 dicembre del 2011 per un’overdose di chemioterapici. Tre settimane prima, il 7 dicembre, al posto di nove milligrammi di vinblastina, una molecola chemioterapica usata per combattere il morbo di Hodgkin, gliene furono somministrati 90. Ma già il 23 novembre la cartella clinica presentava lo stesso errore, anche se la dose somministrata effettivamente fu quella giusta. I medici avrebbero avuto, quindi, 15 giorni di tempo per accorgersi dell’errore.
Il particolare è emerso durante l’esame di Laura Di Noto, medico in servizio al reparto di Oncologia medica del Policlinico, imputata di omicidio colposo assieme a Sergio Palmeri, allora primario del reparto, allo specializzando Alberto Bongiovanni, lo studente universitario Gioacchino Mancuso, l’infermiera professionale Clotilde Guarnaccia e l’infermiera Elena D’Emma.
“Quando mi hanno chiamato dalla farmacia dell’ospedale per dirmi che avevano solo 70 mg del farmaco – ha detto Di Noto – sono andata a controllare la cartella clinica, facendo attenzione, come da prassi, sia alla prescrizione del 7 dicembre che a quella precedente: erano uguali, sempre 90 mg. Così dissi che era tutto giusto, non mi vennero dubbi”. I medici però si accorsero, il giorno stesso, dell’errore.
“Palmeri mi disse di non dire nulla ai parenti – ha spiegato – Non si doveva parlare del sovradosaggio né con i parenti della signora Lembo, né con altri medici. Dovevamo dire che era una gastroenterite. Lo stesso Palmeri mi disse di chiamare la signora per sapere come stava e consigliarle, eventualmente, di andare in ospedale”. Il 12 dicembre Palmeri convocò la dottoressa Di Noto e Bongiovanni per parlare della falsificazione della cartella clinica. Era stato infatti cancellato lo zero del numero “90”. “Mi ricordo – ha aggiunto Di Noto – che il primario disse a Bongiovanni: ‘Da te non me lo aspettavo’. Ma lui negò ogni responsabilità”. Il processo è stato rinviato al 20 aprile.