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Libia, si combatte alle porte di Tripoli | L’Onu: “Difficile la lotta al terrorismo”

Seconda giornata di scontri a sud Tripoli, tra i combattenti di Alba libica e l’esercito del governo, riconosciuto dalla comunità internazionale, che ha intrapreso un’offensiva volta a “liberare” la capitale dalle forze islamiste che la controllano. Fonti di stampa libica riferiscono che le zone di Bir al Ghanam e Al Aziziya, a 35 chilometri dalla capitale, sono teatro di combattimenti con armi pesanti che rischiano di far saltare i negoziati in corso per trovare una soluzione alla crisi in atto nel paese.

Sabato, riferisce l’agenzia Misna, l’inviato delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, ha condannato “con la massima fermezza queste attività militari che aggravano non solo la situazione in Libia, minacciando l’unità della popolazione nella lotta contro il terrorismo, ma che ostacolano il dialogo in un momento cruciale” .

Questa mattina – nonostante gli scontri sul terreno – sono ripresi a Skhirat, in Marocco, i colloqui mediati dall’Onu e volti a raggiungere un accordo per un governo di unità nazionale. “Facciamo appello ai leader politici libici perché si assumano le loro responsabilità dichiarando chiaramente il loro sostegno al dialogo e chiediamo loro di esercitare l’autorità sui capofila di eserciti e milizie”, riporta un comunicato congiunto di Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Il testo chiede ai partecipanti di avviare le discussioni “in modo costruttivo e con la buona volontà di raggiungere un accordo su un governo di unità nazionale e le modalità per un cessate il fuoco il più presto possibile”.

Dal canto loro, i capi-tribù della Libia hanno annunciato che non intendono partecipare all’incontro organizzato dalle Nazioni Unite in Egitto. Mentre alcuni hanno insistito sul fatto che ha più senso tenere il dialogo in Libia, per una questione di sicurezza, altri hanno espresso timori su eventuali “pressioni” esterne.

La lotta di potere in Libia si concentra più che mai sulle ingenti risorse petrolifere, praticamente l’unica fonte di reddito del paese, al centro del conflitto politico e militare. Il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, in esilio a Tobruk e Al Baida, nell’est, ha di recente annunciato la sua rottura con la Libyan National Oil Company (NOC) – che ha la sua sede a Tripoli – e la creazione di una struttura concorrente. Le autorità guidate da Abdullah Al Theni hanno intimato alle imprese e le società con contratti petroliferi con la Libia “di rispettare la legittimità” e a trattare “esclusivamente con la nuova NOC” con sede a Bengasi, seconda città del paese.

Redazione

Si24 è un quotidiano online di cronaca, analisi, opinione e approfondimento, fondato nel 2013 e con sede a Palermo. Il direttore responsabile ed editore è Maria Pia Ferlazzo.

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  • questa situazione e' figlia delle grandi quantita' di risorse
    (leggi idrocarburi) la peste nera Gaesc non si puo' piu' fermare con le conferenze/trattative , purtroppo , qui c'e' il potere disordinato delle tribu',ecco il potere dell'eccessiva democrazia !

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