Circa 40 donne australiane, tra cui le cosiddette “spose jihad”, si sono recate segretamente in Iraq e in Siria per unirsi a gruppi terroristici: “Un numero crescente di giovani donne si unisce all’Isis, nonostante vengano usate come schiave del sesso e in alcuni casi come kamikaze – ha riferito in parlamento Julie Bishop, il ministro degli Esteri – Raggiungono i mariti combattenti stranieri e cercano di trovare un partner, oppure forniscono sostegno a organizzazioni terroristiche”.
Le donne costituiscono ora quasi un quinto di tutti i foreign fighters, e si crede che oltre 500 provengano da paesi occidentali: “È contro la logica, dato l’atteggiamento dell’Isis verso le donne – ha proseguito il ministro – Se non bastassero le uccisioni e le esecuzioni, l’Isis ha pubblicato istruzioni sul trattamento delle schiave del sesso, che includono stupri e percosse. Neanche le bambine sono immuni, le istruzioni incoraggiano attacchi sessuali su ragazzine che non hanno raggiunto la pubertà”.
Bishop ha poi esortato le famiglie ad aiutare a impedire che le figlie vengano radicalizzate: “È probabile che i familiari e gli amici siano i primi a notare cambiamenti in giovani che si stanno radicalizzando. Devono cercare di comunicare con loro prima che sia troppo tardi”. Il governo australiano teme infatti che alcune di loro siano entrate nella tristemente nota polizia religiosa composta di sole donne, formata per far rispettare le severe norme della sharia.