Eternit, chiesto rinvio a giudizio per Schmidheiny | Il presidente dell’Ona: “Accolte le nostre richieste”

di Redazione

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Eternit, chiesto rinvio a giudizio per Schmidheiny | Il presidente dell’Ona: “Accolte le nostre richieste”

| lunedì 23 Febbraio 2015 - 12:59

Il processo torinese per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero Schmidheiny: lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi, del verdetto di prescrizione che lo scorso 19 novembre ha, tra l’altro, annullato i risarcimenti alle vittime.

Ma la Procura di Torino, preso atto delle motivazioni, ha chiesto un nuovo rinvio a giudizio per l’imprenditore svizzero accusato di omicidio doloso aggravato. “Accolte finalmente le nostre richieste”: queste le parole dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona e legale di parte civile nel processo Eternit bis.

> LA PROCURA CHIEDE RINVIO A GIUDIZIO PER  SCHMIDHEINY

Tornando alle motivazioni depositate oggi, ad avviso della Cassazione “a far data dall’agosto dell’anno 1993” era ormai acclarato l’effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell’anno, era stata “definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti”.

Per la Cassazione “la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri” d’amianto “prodotte dagli stabilimenti” gestiti da Stephan Schmidheiny e cioè “non oltre il mese di giugno dell’anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo”. Con il fallimento – scrive la Cassazione – “venne meno ogni potere gestorio riferibile all’imputato e al gruppo svizzero” e gli stabilimenti (Casale Monserrato e Cavagnolo in Piemonte, Napoli-Bagnoli in Campania e Rubiera in Emilia, cessarono l’attività produttiva “che aveva determinato e completato per accumulo e progressivo incessante incremento la disastrosa contaminazione dell’ambiente lavorativo e del territorio circostante”.

“E da tale data – prosegue il verdetto – a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13 febbraio 2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti” per “la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005”.

“Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado”, cadono “tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni” scrive ancora la Cassazione nelle motivazioni.

 

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