L’ex consigliere comunale di Agrigento, Giuseppe De Francisci, 35 anni, è stato iscritto dalla Procura nel registro degli indagati per le ipotesi di reato di falso ideologico aggravato e truffa aggravata.
Secondo il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto procuratore Alessandro Macaluso, del dipartimento reati contro la pubblica amministrazione e corruzione, De Francisci, con la presunta complicità di Antonina La Mantia, 54 anni, sua parente, nonché presidente del consiglio direttivo di una associazione culturale, avrebbe falsamente “rappresentato l’esistenza di un rapporto di lavoro, inducendo in errore il responsabile del settore Affari generali e la segreteria generale del Comune in ordine alla doverosità per l’ente di provvedere al rimborso delle retribuzioni, ratei Tfr, contributi previdenziali per il pagamento dei permessi retribuiti concessi al dipendente De Francisci per la partecipazione alle attività consiliari”.
Secondo la Procura i due si sarebbero “procurati l’ingiusto profitto della corresponsione complessiva di 17.564,75 euro. I pm hanno anche chiesto al gip il sequestro preventivo dei beni per l’equivalente valore. Richiesta che, però, il gip del Tribunale ha respinto e la Procura ha già proposto appello.
Il gip Alessandra Vella ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo perché “difettano sufficienti indizi in ordine all’assunta inesistenza del contratto di lavoro stipulato tra la De.Ma. associazione culturale e Giuseppe De Francisci”. De Francisci è stato socio fondatore dell’associazione, sorta nel 2002, e ne ha ricoperto la carica di presidente fino al 2006. L’ex consigliere veniva, poi, assunto, prima con contratto a tempo determinato e poi indeterminato, come direttore delle attività amministrative. “Al momento in cui veniva assunto il De Francisci – scrive il gip – non era soggetto estraneo all’associazione, ma al contrario era persona che da sempre aveva fatto parte e probabilmente mantenuto in vita l’associazione”. “Tutte le risultanze documentali attestanti il rapporto di lavoro – conclude il gip – possono ritenersi simulate solo sulla base di una valutazione di natura prettamente economica, aziendalistica formulata dal consulente del pm”.