È stato estradato in Italia Pantaleone Mancuso detto Zio Liuni “L’ingegnere”. L’uomo è ritenuto un affiliato di spicco del clan dei Mancuso, una ‘ndrina originaria di Vibo Valentia, tra le più potenti della Calabria, attiva nel settore del traffico internazionale di stupefacenti. L’uomo si trovava in Argentina, a Buenos Aires ed è stato scortato a Roma da funzionari dell’Interpol. L’uomo era ricercato dallo scorso aprile.
Mancuso, accusato di duplice omicidio e associazione mafiosa, era stato arrestato lo scorso agosto colto in flagranza di reato a Puerto Ignazù (Argentina). Una volta in Italia il boss è stato sottoposto al protocollo di rito: foto segnaletica e notifica dell’arresto. Poi è stato trasportato al carcere di Rebibbia.
Nei confronti del malvivente era scattato il fermo indiziario per il tentato omicidio ai danni della zia e del cugino, Romana Mancuso e Giovanni Rizzo. Il boss e il figlio Giuseppe sarebbero i killer che il 26 maggio del 2008 ridussero in fin di vita le due vittime per mettere fine ad una serie di dissidi nati all’interno della stessa “famiglia”. L’agguato avvenne nella campagna vibonese dove le vittime furono trovate ancora vive, ma massacrate a colpi di Ak47 e pistola. Carabinieri e poliziotti trovarono sul terreno 26 bossoli 7.62, 7 bossoli 9×9 e 2 ogive deformate. Munizioni compatibili con armi calibro 9 e con i kalashnikov.
Fatti, questi, ricostruiti dagli inquirenti attraverso al testimonianza di Ewelina Pytlarz, ex moglie di un altro cugino di Pantaleone, che da tempo collabora con i magistrati.
Quando lo scorso agosto è stato arrestato a Puerto Ignazù, in Argentina, “l’ingegnere”, secondo gli inquirenti, si stava probabilmente cercando di raggiungere la Patagonia.
(Foto d’archivio)