Definire “Milf” una collega può essere causa di licenziamento. È successo a un dipendente di una azienda della provincia di Torino che su Facebook ha usato l’acronimo tratto dal linguaggio gergale anglo-americano per riferirsi a una collegadi lavoro.
Il tribunale di Ivrea, a cui l’uomo si è rivolto, gli ha negato il reintegro e lo ha condannato a pagare le spese legali perché quella espressione è di “assoluta gravità”.
Nel ricorso presentato, l’uomo non ha negato di aver scritto quel commento sul social network, ma ha sottolineato il fatto che quelle parole, seppur offensive, non avrebbero potuto giustificare il licenziamento. Tuttavia, poiché il post non si trovava all’interno di un gruppo chiuso ma erano “potenzialmente visibili a tutti gli utenti”, la richiesta del dipendente non è stata accettata.