Un centralino a Venezia, tre appartamenti a Pescara e Montesilvano (Pescara), annunci sui giornali locali con immagini inequivocabili e offerta di massaggi: un giro di sfruttamento della prostituzione gestito da cinesi che è stato scoperto dalla Squadra mobile di Pescara in collaborazione con i colleghi di Venezia, Prato, Rimini e Padova.
Fondamentali le rivelazioni di una delle giovani prostitute che, con l’aiuto della Polizia, si è affrancata dal giogo dei suoi aguzzini. Il Gip del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, su richiesta del pm che ha diretto le indagini, Salvatore Campochiaro, ha emesso ordinanze di custodia cautelare in carcere per tre uomini e tre donne, tutti di nazionalità cinese e con regolare permesso di soggiorno.
Grazie a un anno di appostamenti, pedinamenti e intercettazioni è emerso come il mercato del sesso “low cost” sia in mano ai cinesi. Le ragazze, chiamate “operaie“, in molti casi non sapevano una parola di italiano, erano costrette a soddisfare ogni richiesta dei clienti e si proponevano a prezzi “concorrenziali”, a partire da 30 euro. Nei tre appartamenti, dove le ragazze ricevevano i clienti, di tanto in tanto il capo dell’organizzazione – una donna – o i suoi emissari si recavano per rifornirle di cibo e del necessario per vivere e lavorare, preservativi compresi, ma soprattutto per riscuotere i loro proventi. Nel corso delle indagini sono stati accertati ingenti trasferimenti di denaro in Cina attraverso operatori finanziari.