“È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati”. Lo afferma Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, sotto inchiesta a Caltanissetta e Catania per le dichiarazioni di alcuni pentiti.
“Ancora prima di accettare l’incarico – aggiunge Montante – pensando di offrire il contributo della mia esperienza di imprenditore al fine di mettere a reddito i beni confiscati e farli diventare non più solo un costo per lo Stato ma una risorsa e una opportunità per comunità, cooperative, lavoratori e piccole imprese, ho fatto tutti i possibili passaggi istituzionali, consapevole della delicatezza del ruolo e dei contraccolpi che la mia visione di mercato avrebbe certamente suscitato.
Mai avrei pensato di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata.
Un cambio di passo rivoluzionario, portato avanti con l’obiettivo di tracciare una linea netta di demarcazione con il passato in un territorio da sempre soggetto a forti condizionamenti mafiosi, prima del quale all’interno dell’Associazione accanto alla gente perbene era possibile trovare anche l’imprenditore colluso o addirittura associato a Cosa nostra. Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. E lo abbiamo fatto sempre al fianco d’investigatori, magistrati e funzionari dello Stato. Tutto, per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale: ossia la consapevolezza della convenienza di muoversi in un mercato libero, privo di ipoteche e parassitismi criminali”.
E il Comitato di Presidenza di Confindustria, che nei giorni scorsi aveva espresso solidarietà e piena fiducia a Montante, ha espresso “un profondo rispetto per la decisione assunta oggi, che dimostra ancora una volta il senso di responsabilità verso quelle istituzioni, la cui azione negli anni Montante ha affiancato e sostenuto”.