Non ci sono prove della morte di Kayla Jean Mueller, la cooperante americana rapita dall’Isis, che secondo quanto affermato dagli jihadisti è rimasta uccisa nel corso di un raid aereo giordano. La notizia del decesso della cooperante nei bombardamenti è stata data da Rita Katz, direttrice del Site, il sito di monitoraggio del jihadismo sul web, facendo capo ad alcuni account Twitter degli stessi jihadisti.
Pochi giorni fa il presidente Usa Barack Obama aveva parlato di Kayla, assicurando: “Faremo di tutto per salvarla”. La donna era stata rapita nell’agosto del 2013 insieme ad un gruppo di altri volontari, che sarebbero poi stati rilasciati, e non compare mai nei video dell’Is. Ma gli Stati UNiti per il momento non confermano la morte di Kayla e sostengono che non ci sono prove della sua morte.
Anche i genitori di Kayla continuano a sperare che sia ancora viva. “Siamo fiduciosi che Kayla sia viva, vi imploriamo di contattarci in privato”, dicono rivolgendosi ai leader dello stato islamico dal padre e la madre della 26enne.
Secondo quanto riportato dai miliziani, la donna “è morta quando un velivolo giordano ha colpito l’edificio dove si trovava nel governatorato di Raqqa, in Siria”: un altro account mostra alcune foto, in cui appare il logo che l’Is usa a Raqqa, di un edificio distrutto, con una scritta che spiega che “sotto quelle macerie è stato sepolto l’ostaggio Kayle Jean Mueller”.