Nè la Serbia nè la Croazia commisero genocidio durante la guerra dei Balcani. Questo il pronunciamento dei 17 giudici della Corte internazionale di giustizia che hanno quindi respinto le accuse avanzate dal governo croato sulle tragedie di Vukovar e di altre città risalenti al conflitto del 1991-1995. Il giudice Peter Tromka ha dichiarato che “il caso è destituito di ogni fondamento”.
Le prove fornite dal governo croato non sono riuscite a dimostrare che gli atti militari commessi dalle forze armate serbe avessero “lo scopo specifico necessario perché si parli di genocidio“. La città croata di Vukovar venne distrutta dall’esercito serbo in soli tre mesi di occupazione. Circa 260 cittadini croati vennero arrestati e giustiziati, mentre altre decine di migliaia furono sfollate.
Le autorità croate, invece, vennero denunciate dai serbi di aver espulso quasi 200mila loro concittadini dal territorio della Croazia. In più, quattro anni dopo, le forze armate della Croazia bombardarono la popolazione a maggioranza serba presente nella regione della Krajina causando un vero e proprio esodo di massa di circa 200 mila persone.
Per l’Onu si prefigura il reato quando le azioni militari hanno l’obiettivo di distruggere in tutto o in parte un gruppo sulla base di ragioni etniche, razziali o religiose. Quella della Corte Internazionale, dunque, non è una sentenza del tutto inaspettata considerato che anche il Tribunale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia (Tpi) con sede all’Aja, non ha mai incriminato serbi né croati per genocidio reciproco.
Il ministro della giustizia serbo Nikola Selakovic ha commentato così il verdetto della Corte sui crimini commessi durante il conflitto durato dal 1991-1995: “Credo che con ciò sia stata chiusa una triste pagina del nostro passato, ma ne è stata aperta un’altra sul nostro futuro – dichiara il politico – Ci aspettavamo tale verdetto dei giudici”.