Asse investigativo tra l’Italia e l’America per fare luce sulle dinamiche delle cosche mafiose. Stamani gli agenti della Polizia di Stato di Milano, Matera, Trapani e i colleghi di New York hanno fatto scattare le manette per otto persone.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip di Potenza su richiesta della procura distrettuale antimafia.
Le accuse sono di associazione per delinquere transnazionale, finalizzata alla tentata estorsione e aggravata dalle modalità mafiose.
L’operazione conclude una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Potenza, condotta dagli uomini della polizia di stato del servizio centrale operativo e dalla squadra mobile della polizia di Matera. Le indagini, avviate oltre un anno fa, si sono sviluppate a margine dell’inchiesta della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria denominata ‘New Bridge’, operazione che consentì, nel febbraio scorso, l’arresto di 26 persone e di disarticolare un sodalizio mafioso, tra Calabria e Stati Uniti, dedito al traffico internazionale di stupefacenti.
Le investigazioni, suffragate da diversi servizi tecnici, hanno permesso di scoprire le proiezioni internazionali della cosa nostra e della ‘ndrangheta in America, nonchè le attuali dinamiche in seno alle storiche famiglie mafiose di New York.
In manette Francesco Palmieri, ritenuto appartenente alla famiglia mafiosa americana dei Gambino. Oltre a Palmieri, la Polizia ha arrestato Giovanni Grillo, detto “Johnny” e considerato il personaggio chiave dell’inchiesta, bloccato all’aeroporto di Malpensa mentre stava imbarcandosi con un biglietto di sola andata per gli Usa e Salvatore Farina, figlio del boss defunto Ambrogio. Ordinanza anche per Carlo Brillante, Raffaele Valente, Daniele Cavoto, Michele Amabile e Francesco Vonella.
L’indagine, sottolineano gli investigatori, ha documentato “ancora una volta l’esistenza di un tradizionale e consolidato asse criminale tra i sodalizi mafiosi operanti negli Usa e le organizzazioni radicate sul territorio italiano”.
La segnalazione inviata dalle autorità americane indicava che Palmieri sarebbe arrivato in Italia a ottobre del 2013. Qui avrebbe dovuto riscuotere una somma di denaro relativa a un vecchio debito vantato dai fratelli Joe e John Gambino, da Cesare Bonventre, capo dell’altra storica famiglia della mafia newyorkese, i Bonanno, e da Roberto Pannunzi, broker internazionale della cocaina, arrestato l’anno scorso. Quest’ultimo è ritenuto dagli investigatori e dagli inquirenti uno dei più importanti trafficanti di droga al mondo, uno dei pochi ad avere contatti diretti con i cartelli sudamericani. Le indagini svolte dagli uomini dello Sco e della squadra mobile, attraverso pedinamenti, intercettazioni e rivisitazione di elementi raccolti in altre indagini, hanno consentito di arrivare a ricostruire l’intero tentativo di estorsione. Lo stesso Marsilio, nel 2013, ha presentato una denuncia, raccontando di aver ricevuto degli avvertimenti e delle minacce. Ed è stato proprio Palmieri, sotto falso nome, a presentarsi nella sede dell’azienda dell’imprenditore per portare il “messaggio degli amici americani”. Quanto a Giovanni Grillo, secondo gli investigatori è l’uomo di congiunzione tra le famiglie mafiose americane e l’imprenditore. È lui che a New York incontra Palmieri ed è lui che ha contatti sia con alcuni esponenti siciliani sia con i parenti di Pannunzi. Salvatore Farina, invece, è l’uomo che già nel 2012 – dunque prima dell’arrivo di Palmieri in Italia – si presenta a Matera per chiedere a Marsilio il pagamento di un milione. Farina è figlio del boss Ambrogio Farina legato a sua volta al boss Cesare Bonventre, uno dei tre ‘creditori’ di Marsilio. Per far capire all’imprenditore che quei soldi dovevano essere restituiti, sono state inviate anche delle cartoline dagli Stati Uniti, con dei messaggi molto chiari: “I tuoi amici, i quali tu conosci benissimo, ti vogliono vedere”. Anche più esplicita una lettera anonima recapitata presso la Sudelettra a ottobre del 2013: “dopo i vari tentativi andati a vuoto, le chiediamo di mettersi in contatto con il nostro incaricato riguardo al contenzioso che si protrae da quasi 30 anni. Non ci faccia più aspettare”.