Gli italiani hanno poca fiducia nelle istituzioni europee. Meno degli altri cittadini dell’Unione. A certificarlo è il Censis, nel suo ultimo rapporto. L’istituto scatta una foto del Bel Paese che inquadra diversi aspetti, dal rapporto con l’ue all’uso nelle nuove tecnologie.
IL RAPPORTO CON L’EUROPA
Solo il 33 per cento degli italiani, infatti, dice di poter contare sul Parlamento di Strasburgo, a fronte di una media europea del 37 per cento. Al 28 per cento, la fiducia degli italiani nella Commissione europea, contro una media Ue del 32 per cento.
Se poi si parla di Banca centrale europea, nonostante alla sua guida vi sia un italiano, Mario Draghi, la quota precipita al 22 per cento, contro una media Ue del 31 per cento. E mentre il 42 per cento degli europei pensa che la propria voce conti nelle istituzioni dell’Ue, la percentuale scende ad un misero 19 per cento tra gli italiani.
I cittadini italiani ed europei tracciano un profilo dell’Unione tutt’altro che positivo: il 64 per cento degli italiani e il 69 per cento degli europei percepisce l’Ue come ”burocratica”; il 57 per cento in Italia e il 55 per cento in Europa la considera ”lontana”. Solo il 29 per cento degli italiani (contro il 45 per cento medio europeo) vede nell’Unione un fattore di protezione rispetto a condizioni di crisi e disagio, mentre è considerata un’organizzazione efficiente dal 33 per cento (31 per cento media Ue).
LA SALUTE
La pratica dell’e-health è sempre più diffusa nel nostro Paese: sono ormai il 41,7% gli italiani (circa 4 persone su 10) che cercano informazioni online sulla salute, con un’inevitabile cambiamento dei rapporti tra paziente e medico.
In molti casi (58,1%) si cercano su internet informazioni per capire meglio le indicazioni del proprio medico, oppure si utilizza il web per verificare la sua diagnosi e le indicazioni (55,3%), mentre in altri casi si discute con il medico dei risultati delle proprie ricerche su internet (37,1%) o ancora gli si contesta l’esattezza di diagnosi e terapie in base a quanto si e’ appreso sul web (20,5%). Accade anche che si intraprendano terapie grazie alle informazioni reperite su internet senza parlarne con il medico (18,8% dei casi).
“Nonostante grazie al web si venga a contatto con molte informazioni – avverte il Censis – la conoscenza sui temi sanitari non risulta però completamente adeguata, anche nei casi in cui ci sia un diretto coinvolgimento della persona nella ricerca in quanto paziente”.
L’ITALIA E L’INFORMAZIONE
Oggi in Italia si vende poco più della metà delle copie di quotidiani che si vendevano 25 anni fa. Dal 1990, anno del massimo storico delle vendite, con poco meno di 7 milioni di copie giornaliere, si è scesi sotto i 4 milioni. La quota di italiani che fanno a meno dei mezzi a stampa nella propria dieta mediatica è salita al 47%. Il 20,8% della popolazione legge i quotidiani online e il 34,3% i siti web d’informazione.
Si registrano, inoltre, flessioni nel numero dei giornalisti occupati in tutti i segmenti del settore editoriale. Nel 2013 il calo più pronunciato si è registrato nei periodici (-7,7%), seguiti dai quotidiani (-5,6%) e dalle agenzie di stampa (-3,9%).
In media, il ridimensionamento della forza lavoro giornalistica è stato del 6,1%, pari in valore assoluto a 602 unità lavorative nei confronti dell’anno precedente. Tra il 2009 e il 2013 il numero dei giornalisti fuoriusciti dal settore dell’editoria giornalistica è stato di 1.662 unità, di cui 887 nell’area dei quotidiani (-13,4%) e 638 in quella dei periodici (-19,4%).
E se gli iscritti all’Ordine dei giornalisti restano sostanzialmente invariati (112.046 contro i 110.966 del 2011, con un aumento dell’1% circa), sono cambiate però le condizioni alle quali i giornalisti lavorano. Tra il 2000 e il 2013 si è ridotto il lavoro dipendente (-1,6%) ed è cresciuto quello autonomo (+7,1%). Se nel 2000 il lavoro autonomo era svolto da poco più di un giornalista su tre, nel 2012 i giornalisti freelance sono diventati 6 su 10. Nei primi sei mesi del 2014 si evidenzia, inoltre, un calo degli investimenti pubblicitari del 2,4%.
La televisione ha beneficiato dell’effetto della Coppa del mondo segnando un +1,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la carta stampata registra una flessione dell’11%, la radio del 2,9% e internet, dopo la galoppata a due cifre conosciuta fino al 2012, ha subito una battuta d’arresto (+0,1%). La televisione si conferma il mezzo dominante, riuscendo a convogliare più della metà delle risorse spese annualmente dalle aziende per l’informazione commerciale, i quotidiani assorbono una fetta di mercato pari al 12,7% contro il 7,6% della stampa periodica, internet si attesta al 7,3% del totale.