Avendo raggiunto un’ampia coesione di forze in Commissione Lavoro a Montecitorio, il governo Renzi ha scelto di rinunciare alla fiducia sul Jobs Act alla Camera. E ha portato a casa il risultato: il testo è passato con 316 sì e 6 no. Ora il provvedimento torna al Senato per l’approvazione definitiva. Il bassissimo numero di voti contro si completa con l’uscita dall’Aula di una larga fetta delle opposizioni, e una nutrita pattuglia di deputati Pd, che hanno manifestato così il loro dissenso. Non ha partecipato al voto un gruppo di deputati del Pd, come annunciato da Stefano Fassina, mentre la componente di Pippo Civati si è espressa contro.
Prima del voto finale, gli esponenti della minoranza Pd che avevano deciso di non votare il provvedimento, si sono riuniti alla ricerca di una linea comune. La scelta era tra uscire dall’Aula e non partecipare al voto, opzione caldeggiata da Gianni Cuperlo, o dire no alla riforma (come ha già annunciato di voler fare Pippo Civati).
Alla fine si è scelto di sottoscrivere un documento in cui 29 deputati del Partito democratico segnalano che “l’impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente” e mettono nero su bianco che “riteniamo non ci siano le condizioni per un nostro voto favorevole e non parteciperemo al voto finale sul provvedimento”. A dirlo sono Agostini, Albini, Argentin, Bindi, Bray, Boccia, Carra, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cuperlo, D’Attorre, Farina, Fassina, Fontanelli, Fossati, Galli, Gregori, Iacono, Laforgia, Malisani, Miotto, Marzano, Mognato, Pollastrini, Rocchi, Terrosi, Zappulla, Zoggia.
E per tentare di non mancare l’obiettivo e ritrovare l’unità era arrivato anche un ultimo appello dal presidente del pd, Matteo Orfini: “Faccio un ultimo appello all’unità del Pd sul Jobs act. Abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula”.
Appello raccolto dall’ex segretario dei Democratici, Pier Luigi Bersani che ha deciso di votare per il Jobs act “per disciplina”. “Nonostante alcuni “miglioramenti – aveva detto – il Jobs act non convince. Dunque voterò le parti che mi convincono con piacere e convinzione e le parti su cui non sono d’accordo per disciplina, avendo fatto per quattro anni il segretario del Pd”.
Durante le dichiarazioni di voto, i deputati del Movimento 5 stelle in aula alla Camera, al termine dell’intervento del loro rappresentante, si sono alzati in piedi e hanno mostrato cartelli con la scritta “Licenziact”. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha invitato i commessi a rimuoverli immediatamente.
Il governo, intanto, secondo quanto si apprende, è pronto a chiedere la fiducia sulla legge di Stabilità, il cui approdo in Aula alla Camera è previsto per giovedì. Il via libera al ddl è previsto entro il weekend.