Prima della strage di Capaci ci furono, a partire dal 1983, quattro progetti di attentato da parte di Cosa Nostra al Giudice Giovanni Falcone. Lo ha detto il collaboratore di Giustizia, Giovanni Brusca, già condannato per la strage di Capaci, sentito oggi come testimone, nell’aula bunker di Rebibbia, nell’ambito del processo Capaci bis. Una serie di udienze del procedimento si svolgeranno questa settimana a Roma.
“Nell’83 – ha riferito Brusca – lavorai al pedinamento di Falcone, che veniva seguito quando usciva di casa e andava al tribunale e si progettò anche di imbottire un vespino di tritolo per farlo esplodere. Poi ho saputo, nell’87, di un progetto per colpire Falcone ed era stato preparato un bazooka che fu trovato in campagna, come mi raccontò Di Maggio, ma il progetto non fu portato a termine. Poi ci fu l’Addaura e quindi l’ipotesi di poterlo uccidere a Roma nel 1991, utilizzando però armi convenzionali”.
In sostanza Brusca ha confermato che pressoché contemporaneamente si progettava un attentato a Falcone a Palermo con l’uso di esplosivo e a Roma con armi convenzionali. “Riina – ha detto Brusca – aveva una frenesia perché voleva portare a termine un attentato o a Roma o a Palermo”.
“Solo uomini di Cosa Nostra – ha ricostruito Brusca – hanno avuto a che fare con la gestione dell’esplosivo, dalle prove di perforazione in montagna alle fasi di travaso del tritolo nei tredici bidoncini allineati nei canali di scolo” lungo il percorso autostradale nella zona di Capaci dove avvenne l’attentato.