È stato trovato un accordo all’interno del Partito democratico sul Jobs act. “Abbiamo deciso di fare modifiche rilevanti. Ci sarà un lavoro in Commissione a Montecitorio e si riprenderà l’ordine del giorno approvato in Direzione”. L’annuncio arriva dal capogruppo dei democratici alla Camera Roberto Speranza.
E sembra anche che il governo rinuncerà a chiedere la fiducia alla Camera così come già fatto a Palazzo Madama, dove però i numeri sono più risicati e i conflitti rischiavano di pesare di più sulla approvazione del testo. “Non ci sarà la fiducia sul testo uscito dal Senato – spiega Speranza. – Sono molto soddisfatto. Il Parlamento non è un passacarte e abbiamo dimostrato che incide”.
“A me – spiega il premier Matteo Renzi a La Stampa – preme che la legge sia in vigore dal primo gennaio: motivo per il quale – è bene saperlo – se si giocasse ad allungare i tempi, metteremo la fiducia sul testo del Jobs act che uscirà dalla commissione”. “Orfini e Speranza – ha aggiunto – mi hanno chiesto di dare un segnale distensivo, di disponibilità, e io l’ho dato: in commissione si lavorerà sul cosiddetto disboscamento, cioè sulla riduzione delle troppe forme di lavoro a tempo e precario”.
L’obiettivo è quello di tenere il voto finale sul jobs act alla Camera entro il prossimo 26 novembre: è la proposta di mediazione della presidente della Camera Laura Boldrini su cui l’Aula di Montecitorio voterà lunedì 17 alle 16. Il governo aveva inizialmente chiesto il voto finale sul testo il 22 novembre.
Con il ritorno all’odg della Direzione del Pd sul Jobs act, torna anche il diritto al reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare. Verranno infatti introdotti, in Commissione, nel testo di riforma del mercato del lavoro.
“Stiamo già lavorando ai decreti attuativi, vogliamo essere pronti per tempo – ha aggiunto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. – Per noi è importante che siano pronti entro inizio anno per chi vuole assumere”.
Soddisfatto anche il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “Chi voleva aprire fronti nel Pd ha avuto una buona risposta. Il partito dentro la sua espressione nella commissione Lavoro ha saputo svolgere un lavoro serio, un confronto di merito andando a un punto condiviso che responsabilmente impegna tutti”.
Ma Guerini frena sulla fiducia: “Noi proponiamo un percorso in commissione che prevede alcune modifiche rispetto al testo del Senato, che assumono anche parte del dibattito che ha accompagnato il confronto in Senato e momento successivi. Dopo di che la gestione della delega tra commissione e aula la vedremo nei prossimi giorni”.
Ma mentre il Pd si ricompatta, il Nuovo Centrodestra scalpita: “Il Pd – ha detto Maurizio Sacconi, capogruppo di Ncd in Senato – non ha ancora la maggioranza assoluta nelle due Camere, nelle quali peraltro non è ancora stato superato il sistema paritario. Il Nuovo Centrodestra vuole discutere ora in una riunione di maggioranza le eventuali modifiche alla delega”.
In serata è arrivato anche il commento del premier Matteo Renzi in visita a Bucarest: “Il primo gennaio entreranno in vigore le nuove regole sul lavoro: è un grandissimo passo in avanti”. A chi gli domanda della mediazione che sta emergendo sul Jobs act ha risposto: È “tutto quello che è stato deciso nella direzione del Pd. Bene così, andiamo avanti”.
Ma il ministro per i Rapporti col Parlamento taglia corto: “Stiamo discutendo con tutti in Parlamento. Non servono nuovi vertici di maggioranza”. E Renzi rincara la dose: “Agli esponenti del Ncd dico che il prossimo vertice di maggioranza si farà nell’autunno del 2017: e sarà l’ultimo”.