“Faccio una proposta a Renzi: la prossima volta ci porti Silvio Berlusconi e Denis Verdini in Direzione Pd così siamo pari”. La provocatoria battuta è di Pippo Civati, intercettato dai giornalisti al suo arrivo alla sede del Partito democratico in via del Nazareno.
“Mi domando – dice – che spazi ci possono essere ancora nel Pd se tanto le decisioni sono già prese altrove. Renzi tanto può contare su una maggioranza monolitica che lo sostiene”.
Civati ha comunque negato che sia sempre più vicina la sua uscita dal Pd. Solo nel pomeriggio la minoranza Pd aveva ribadito, la “netta contrarietà al modello elettorale proposto” nell’incontro Renzi-Berlusconi.
Le parole di Civati hanno fatto da “antipasto” alla direzione, che comunque non ha votato la road map delle riforme indicata dal premier e leader Pd Matteo Renzi. La proposta è stata avanzata dal presidente del Pd Matteo Orfini e accolta dai membri della direzione.
“Siamo – ha detto il premier nel suo intervento – nel momento più delicato della legislatura perché stanno venendo al pettine tutti insieme – ed è frutto della scelta che abbiamo fatto – i principali nodi di decisione politica. E vengono insieme al pettine in un momento rilevante per la politica internazionale”.
“Abbiamo bisogno di calibrare con attenzione i passaggi del calendario politico che è ricco di occasioni ma anche di difficoltà – ha aggiunto Renzi – . È evidente a tutti che nessuno considera la legge elettorale il principale problema con cui gli italiani vanno a dormire e con cui si svegliano. Ma è il pin del telefonino, la password del pc per dire che si fanno le cose sul serio”.
Renzi ha ribadito la strada intrapresa: “Non credo di aver bisogno di un mandato esplicito della direzione” sulle modifiche alla legge elettorale, “perché credo – ha sottolineato – che la legge che sta emergendo garantisce a mio giudizio tutti gli obiettivi che ci eravamo dati. Ho deciso di tornare in direzione perché tutti i passaggi li abbiamo fatti in direzione, indipendentemente che stasera si decida di ratificare la mia relazione con un voto o meno. Se non votiamo non cambia niente perché la direttrice di lavoro è esattamente nel solco dei mandati avuti”. “Sulla soglia di sbarramento – ha spiegato – si è aperta una discussione: noi abbiamo detto che bisognava impedire ai piccoli il potere di veto ma se dai il premio alla lista il potere di veto non è più sulla governabilità. Non è un tributo ai piccoli ma un concetto logico”.
Sulla legge elettorale “si è trattato di stringere”: con Forza Italia “siamo d’accordo – ha detto Renzi – che se in sede di voto non su tutto saremo d’accordo, andremo comunque avanti consapevoli che questa legge elettorale consente governabilità e rappresentanza”.
Parlando del Jobs act, Renzi ha sottolineato che “Il mandato della scorsa direzione è un punto di riferimento. In commissione si può chiudere rapidamente con due alternative: procedere con la fiducia o garantire l’entrata in vigore dal primo gennaio anche con modifiche da verificare insieme alle forze della coalizione”.
Parole concilianti quelle usate nei confronti del sindacato, dopo i duri scontri delle scorse settimane. “Il sindacato – secondo Renzi – fa il suo mestiere e se decide di fare gli scioperi generali merita rispetto”.
“Fuori – ha aggiunto il presidente del Consiglio – c’è chi cerca di aizzare la piazza, e ce ne sono tanti. Chi ci prova però rischia di esserne sommerso. In tanti stanno cercando lo scontro” ed “emergono in modo molto significativo alcune spinte legate alla disperazione sociale, alla provocazione antagonista”.
LE REPLICHE A RENZI
– “Qualche dubbio che l’accelerazione sulla legge elettorale – anche dopo aver letto la legge di Stabilità – possa servire per andare alle elezioni mi è venuto. Lo dico con grande franchezza, ma non perché voglio che la legislatura vada avanti senza fare niente”. Così il deputato Pd Stefano Fassina. “Quando discutiamo tra noi – ha aggiunto – evitiamo le caricature: non c’è nessuno che pensa che non si debba fare” le riforme.