Accordo fatto sull’impianto Eni di Gela che, dopo 60 anni di petrolchimico, diventerà una bioraffineria con il salvataggio dei posti di lavoro. Per quella che il presidente della Regione Sicilia definisce “una nuova pagina della storia” di Gela, il gruppo petrolifero metterà sul piatto complessivamente oltre 2 miliardi di euro in quattro anni e così il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, parla di “investimento strategico per la Sicilia, per il sistema energetico nazionale e per la difesa dei livelli occupazionali”.
Dopo l’intesa di massima raggiunta alla fine di luglio al termine di un lungo braccio di ferro tra azienda e sindacati, con tanto di scioperi lungo la Penisola, l’impianto di Gela può dunque ripartire, come ha spiegato l’ad del colosso petrolifero, Claudio Descalzi, “con un nuovo piano di sviluppo economicamente sostenibile”. L’accordo non riguarda, infatti, solo il sito di Gela, ma più in generale l’attività del gruppo sull’isola. Il piano prevede infatti, come ha spiegato l’Eni, “nuove e importanti iniziative industriali volte a sviluppare il settore upstream sul territorio siciliano”: in sostanza, quindi, il gruppo petrolifero potrà avviare nuove attività di esplorazione e produzione di idrocarburi in Sicilia, sia su terra che in mare, ma anche valorizzare i campi che sono già in esecuzione.
È inoltre prevista la nascita di un nuovo centro di alto livello per la sicurezza nel settore dei biocarburanti. A sottoscrivere il testo, “limato fino all’ultimo”, tutte le parti interessate dalla lunga vertenza: la Regione Sicilia con il Presidente Rosario Crocetta, il Sindaco di Gela Angelo Fasulo, l’Eni, Confindustria Sicilia, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali dei chimici e le Rsu. Tutti soddisfatti, dunque, a partire dai sindacati che portano a casa non solo tutti i posti di lavoro dell’impianto, ma anche quelli dell’indotto. Il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo, parla di “ennesima prova che, grazie al confronto, è possibile trovare soluzioni innovative che salvaguardano l’occupazione”. La Ugl Chimici, con Luigi Ulgiati, assicura il proprio impegno affinché “la svolta ‘verde’ sia davvero un’opportunità di rinascita”. La Cgil parla di “negoziato duro e faticoso, segnato da tante ore di sciopero, ma alla fine risulta credibile il sostegno al reddito di tutti i 2000 lavoratori, tra diretti e dell’indotto, per tutta la fase di transizione verso il progetto industriale di green refinery”.
Qualche voce fuori dal coro, tuttavia, c’è, e arriva proprio dalla città. Se soddisfatti sono, oltre ai sindacati, imprenditori, amministratori e quanti ritengono di avere garantito la continuità produttiva e la stessa esistenza dell’industria a Gela, preoccupati appaiono invece coloro che guardano alle ridotte dimensioni dell’apparato produttivo e dei livelli occupazionali. Sono soprattutto i dipendenti delle imprese dell’indotto che, malgrado le promesse, temono di perdere il loro posto di lavoro. Ma anche molti lavoratori del diretto sono preoccupati, perché la “green-refinery” dell’Eni non potrà garantire occupazione a tutti gli attuali mille dipendenti. Gli esuberi (circa 650) saranno ricollocati e dovranno comunque cambiare azienda, mansioni e forse anche sede di lavoro. Insomma, sono tante le incertezze ancora da chiarire.
“È davvero importante e positivo il protocollo firmato stasera al Mise per la riconversione ‘verde’ ed il rilancio industriale del sito petrolchimico di Gela. Si tratta di un accordo molto innovativo ed un modello di sviluppo industriale per tutto il paese che salvaguarda l’occupazione in una delle aree più deboli del paese con una piena condivisione di tutte le parti. Speriamo che non resti un fatto isolato e che ci siano altri investimenti per dare una prospettiva di sviluppo e di crescita al paese”. Così in una nota il Segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan.