La mozione di sfiducia contro il presidente della Regione siciliana Crocetta è stata respinta con 44 no e 37 sì. Il voto dell’Aula è arrivato a mezzanotte e 50, dopo numerose ore di dibattito parlamentare spesso privo di reali contenuti politici.
Una conclusione che era ormai scontata dopo che 48 ore fa – con la benedizione dei vertici romani – la maggioranza di centrosinistra (e il Pd in particolare) ha trovato la quadra sui nomi della nuova giunta di Governo, la terza dell’era Crocetta. Una giunta che al di là dei nomi che la compongono ha un preciso significato politico: Roma “vigila” sulla Sicilia e soprattutto su tutto ciò che riguarda la spesa; il presidente Crocetta – duramente attaccato negli ultimi mesi da una sostanziosa frangia del Pd – viene limitato nella sua azione “molto personalistica”; i partiti che compongono l’alleanza guadagnano peso nella conduzione del programma di Governo.
E già prima che cominciasse la seduta si era capito chiaramente che in nome “dell’interesse della Sicilia” erano stati più o meno appianati – almeno per i prossimi giorni – tutti i malumori, anche personali, tra gli stessi componenti della maggioranza. Insomma, la miccia innescata dal centrodestra con la mozione di sfiducia e che fino a pochi giorni fa sembrava in grado di provocare “l’esplosione” del Palazzo, è stata disinnescata appena in tempo con il contributo fondamentale dei vertici romani e con la benedizione dello stesso premier Matteo Renzi, piuttosto infastidito dalle beghe siciliane di un Governo che almeno formalmente è a guida Pd.
Dopo il “salvataggio” in Aula, adesso il presidente Crocetta è chiamato a un radicale cambio di marcia, dalla politica degli annunci televisivi (quasi sempre disattesi) a quella dei fatti. E dovrà farlo dialogando con i partiti che lo sorreggono e che non accetteranno più determinati atteggiamenti da “one man show”. Il primo banco di prova sarà la distribuzione delle deleghe agli assessori, su cui comunque ormai sembra sia stata trovata l’intesa di massima. Poi ci sarà da mettere mano al Bilancio del prossimo anno, al settore della Formazione che è un pentolone in ebollizione, al problema del lavoro, alla spesa dei fondi europei ancora molto lontana dagli obiettivi. E ad altri mille problemi che attanagliano la Sicilia.
Nel pomeriggio, i capigruppo di Forza Italia, Marco Falcone, e dei 5stelle, Valentina Zafarana, hanno illustrato nell’aula del Parlamento regionale le due mozioni di sfiducia nei confronti del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, presente tra i banchi del governo, contestando al presidente le tante inefficienze emerse in due anni di Governo.
Subito dopo ha preso la parola il presidente Crocetta: “Interrompere l’esperienza di governo in questo momento creerebbe problemi drammatici alla Sicilia. Non ho imprese da difendere, non ho interessi personali da difendere, da presidente della Regione non ho fatto i soldi. Come diceva il Manifesto di Marx del 1848 abbiamo solo le catene da perdere” ha detto il governatore.
“Non temo le elezioni, non temo la sfida elettorale perché stravinceremmo con un ampia maggioranza, piuttosto centrodestra e M5s cosa faranno? Si presenteranno alleati? Andiamo al voto, vediamo chi vince, noi siamo uniti”, ha concluso Crocetta.
Dopo la replica del governatore Rosario Crocetta, è cominciato il dibattito parlamentare sulle mozioni di sfiducia al presidente. Si sono iscritti a parlare solo i deputati dell’opposizione, i parlamentari della maggioranza hanno deciso di non intervenire in aula.
In aula c’è stato anche un duro scontro tra il deputato Antonio Malafarina e il presidente dell’Antimafia, Nello Musumeci. I toni si sono accesi quando Malafarina, dal pulpito, ha rimproverato a Musumeci di non avere tolto la firma dalla mozione di sfiducia dei 5stelle dopo che Beppe Grillo ha parlato, allo sfiducia day, di una “mafia che aveva una morale”. A quel punto, Musumeci ha urlato a Malafarina di “non speculare sulla mafia”, ma il deputato del Megafono ha ricordato il suo impegno antimafia da ex questore e le azioni di denuncia portate avanti nel tempo assieme a Rosario Crocetta. Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, è stato costretto a sospendere la seduta per alcuni secondi.