La Dia di Catania e Messina ha eseguito una confisca di primo grado di beni per 50 milioni di euro riconducibili all’imprenditore Giuseppe Scinardo, ritenuto uomo di fiducia del capomafia Sebastiano Rampulla.
Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Catania e riguarda società, ditte, numerosi immobili, vaste distese di terreno e svariati fabbricati.
Le indagini completano gli accertamenti patrimoniali che avevano già permesso di confiscare, in via definitiva, alla famiglia Scinardo beni per 200 milioni di euro (Operazione “Belmontino” e “Malaricotta”). Scinardo, secondo gli inquirenti, “è una persona che già dai primi anni ’90 aveva stretti legami con la ben nota famiglia dei Rampulla di Mistretta, in particolare con i fratelli Sebastiano, Maria e Pietro, quest’ultimo definitivamente condannato dalla Corte di Assise d’Appello di Caltanissetta all’ergastolo poiché ritenuto ‘l’artificiere’ della strage di Capaci”.
“Gli stretti rapporti tra le due famiglie si consolidavano alla fine degli ’90 – spiegano gli investigatori – quando gli Scinardo hanno offerto ospitalità all’allora latitante Tommaso Somma”.
Contatti confermati da vari collaboratori di giustizia, che hanno anche riferito dell’interesse degli Scinardo per le energie alternative e lo sviluppo di progetti relativi a parchi fotovoltaici siti nella piana di Catania.
I sigilli sono scattati per tre aziende operanti nel settore della coltivazione e dell’allevamento; 324 terreni per una estensione complessiva di circa 700 ettari a Militello Val di Catania (CT), Mineo (CT), Vizzini (CT) e Capizzi (ME); 33 fabbricati; 6 veicoli.