Il mistero sulla morte di Amelia Earhart diventa un po’ più comprensibili. Nel 1991 un pannello di alluminio venne recuperato in un atollo disabitato dell’Oceano Pacifico, Nikumaroro: oggi un team di ricercatori ha stabilito che il resto apparteneva al Lockheed Electra, il bimotore con cui l’aviatrice statunitense voleva effettuare il giro del mondo. L’ultima volta che Amelia mandò un contatto via radio fu il 2 luglio 1937: quella che doveva essere una richiesta di aiuto però venne considerato uno scherzo.
Il giorno in cui l’aereo scomparve, proprio nella zona di Nikumaroro, a 2 mila chilometri a sud ovest delle Hawaii, la Earhart e il suo navigatore Freed Noonan erano ancora vivi. Secondo gli esperti, con ogni probabilità la Earhart fu costretta a un atterraggio di emergenza. Poi rimase lì con Noonan, senza viveri e acqua: i due morirono di stenti.
Proprio sull’atollo nel 1940 furono trovate due scarpe e i resti di ossa umane. Ma quei reperti sono andati perduti. Di certo l’ipotesi che Amelia abbia inscenato una scomparsa finta sembra improbabile: a 23 anni si innamorò del volo e ne fece una passione di vita. Nata a Kansas City, diventò una icona sia nel mondo degli aerei che in quello della moda. Il suo stile era decisamente all’avanguardia per i tempi. Fu la prima donna ad attraversare l’Atlantico e la prima ad attraversare in volo gli Stati Uniti senza scalo. Il suo primato andò anche all’Oceano Pacifico, che attraversò da Oakland a Honolulu. Lo stesso Oceano che ne ha visto infine la morte.