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Ebola, l’Onu chiede una “risposta globale” | Stabili le condizioni dei militari Usa a Vicenza

Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, chiede “una risposta globale massiccia” per fronteggiare l’epidemia di ebola che ormai sta diventando “una crisi mondiale”. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha parlato da Addis Abeba, al termine di un incontro con il presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim, e con la presidente della Commissione dell’Unione africana, Nkosazana Dlamini Zuma.

Secondo Ban ki-moon la comunità internazionale ha davanti a sè “una strada lunga” se vuole fermare l’epidemia e aiutare i Paesi più colpiti a ricostruire le loro economie. Il segretario generale dell‘Onu ha anche espresso sostegno alla missione dell’Unione africana, Aseowa, impegnata contro l’epidemia al fianco della missione Onu, Unmeer.

Per fronteggiare la situazione, non si esclude anche il coinvolgimento della Nato.

In Australia è polemica per la decisione di bloccare la concessione di visti a persone provenienti dai Paesi africani più colpiti dal virus. “Non stiamo più esaminando nessuna richiesta dai Paesi colpiti“, ha annunciato il ministro dell’Immigrazione, Scott Morrison, spiegando che sono stati anche “annullati i visti permanenti o temporanei a persone non ancora partite” da Sierra leone, Guinea e Liberia. Per coloro che godono di permessi permanenti ma non hanno ancora lasciato i Paesi d’origine, l’ingresso in Australia è valido a patto che si sottopongano alla quarantena di 21 giorni una volta arrivati. Un’iniziativa criticata da vari esperti come Adam Kamradt-Scott dell’Istituto Marie Bashir per le malattie infettive e la biosicurezza, convinto che questa non farà nulla per proteggere il Paese mentre alimenterà le paure e susciterà il panico nella popolazione.

Intanto in Italia le condizioni dei militari americani ricoverati nella base “Del Din” a Vicenza sono stabili. “La situazione – spiega il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – è sotto controllo, abbiamo chiesto al ministro della Difesa un aggiornamento. Ma non c’è preoccupazione. Il ministero della Difesa ci ha informato e siamo in contatto con le autorità americane, ovviamente per questi militari si tratta di protocolli che seguono anche i nostri operatori che tornano dai Paesi africani colpiti dall’Ebola: in questo caso i militari, che non hanno avuto contatti diretti con le persone malate, e che alla partenza non avevano sintomi, vengono prelevati con aerei americani, tenuti in isolamento e monitorati per 21 giorni”.

Ad aprire la polemica è il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, per il quale è “opportuno che il governo debba riflettere sull’ipotesi di una chiusura delle frontiere”. Zaia rileva che si tratta di un tema che “anche altre nazioni europee si sono poste pensando di dirigere la solidarietà sui territori di provenienza dei profughi, piuttosto che dilapidare risorse nell’operazione Mare Nostrum, che si è trasformata in un servizio di taxi a richiesta per scafisti”.

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