I finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria hanno scoperto un’evasione fiscale miliardaria realizzata da società consortili e cooperative, operanti nei settori del trasporto, del facchinaggio, delle pulizie e della vigilanza privata.
Le Fiamme Gialle hanno eseguito – tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto e Sardegna – perquisizioni e sequestri preventivi di beni per centinaia di milioni di euro (immobili, aziende e rapporti finanziari) nei confronti di 62 persone indagate.
L’evasione fiscale avveniva attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tra i reati contestati nell’indagine, coordinata dalla procura di Roma, anche la bancarotta fraudolenta e il riciclaggio.
I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria – coordinati dal pool di Magistrati della Procura di Roma del Gruppo Economia – hanno eseguito un sequestro preventivo per oltre 100 milioni di euro nei confronti di “un’associazione capeggiata e promossa dai titolari del c.d. ‘Gruppo Gesconet’ e composta complessivamente da 62 soggetti”
L’operazione è stata denominata “Miliardo”. Le indagini, condotte per oltre due anni attraverso analisi documentali, intercettazioni telefoniche, pedinamenti e testimoni, hanno consentito di accertare che “le organizzazioni individuate risultavano specializzate nella sistematica evasione della riscossione di debiti tributari, mediante l’utilizzo di circa 250 società consortili e cooperative, operanti nei settori del trasporto, facchinaggio, pulizie e vigilanza privata”.
L’attività illecita ha provocato, nel corso degli anni, un danno allo Stato pari al debito erariale già iscritto a ruolo, che ammonta complessivamente a oltre 1,7 miliardi di euro, come riscontrato anche dalle numerose verifiche fiscali effettuate dai competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Il meccanismo fraudolento consisteva generalmente nell’affidamento di servizi in subappalto a società cooperative appositamente costituite, da parte delle società consortili amministrate dagli indagati, che si aggiudicavano gli appalti sia da enti pubblici, sia da società private di rilevanza nazionale. Le società cooperative, a loro volta, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti – accertate dalle Fiamme Gialle per circa 400 milioni di euro – accreditavano il denaro ricevuto ad ulteriori cooperative c.d. “finali”, i cui conti venivano progressivamente svuotati mediante prelevamenti in contante, non giustificati da alcuna logica commerciale.
Il denaro veniva poi illecitamente distratto e veicolato, da parte dei responsabili delle organizzazioni, su conti correnti intestati a società fiduciarie di San Marino e del Lussemburgo, per il successivo reimpiego nel settore immobiliare. Le cooperative dopo essere state così depauperate, venivano poste in liquidazione e sostituite da ulteriori società neocostituite, che ciclicamente subivano il medesimo iter di svuotamento ed abbandono.
Questo sistema ha permesso ai capi dell’organizzazione – gli imprenditori romani Pierino Tulli e Maurizio Ladaga – di appropriarsi illecitamente, per circa 160 milioni di euro, del denaro distratto che, invece, sarebbe dovuto finire nelle casse dello Stato in ragione delle imposte dovute dalle imprese ad essi riconducibili.
Le investigazioni svolte dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, infine, hanno permesso di scoprire anche una sorta di contabilità riservata e parallela riguardante somme erogate ad appartenenti a pubbliche amministrazioni per finalità illecite in corso di accertamento.