C’è un filo rosso che lega la Nazionale a Palermo. Ce lo dicono i numeri: al Renzo Barbera gli azzurri hanno ottenuto nove vittorie, un pareggio ed una sola sconfitta in undici sfide disputate. Ce lo raccontano i trofei, visto che sul Mondiale del 2006 c’è la firma di ben cinque giocatori rosanero (Toni era un fresco ex). Ce lo dimostrano i botteghini, se è vero che anche per la sfida di qualificazione agli Europei di venerdì sera saranno oltre trentamila i cuori azzurri presenti sugli spalti dell’ex Favorita.
Da Italia-Svizzera del 1952 a Italia-Azerbaigian del 2014, il passo è lungo più di sessant’anni. Nel mezzo c’è l’Italia di Vicini e di Baggio, quella di Sacchi e di Trapattoni, di Prandelli e adesso di Antonio Conte. Tanti campioni, altrettante storie e, soprattutto, successi. Un solo passo falso, nel ’94 contro la Croazia di Blazevic che si impose 2-1 con la doppietta di Suker.
L’attualità ci dice che quella di venerdì sarà una sfida particolare per alcuni azzurri. A cominciare da Andrea Pirlo che con l’Azerbaigian giocherà la gara numero 113 in Nazionale, superando Dino Zoff e mettendosi alle spalle del trio di testa composto da Buffon (142), Cannavaro (136) e Maldini (126). E dire che Pirlo, con la Nazionale, aveva anche deciso di chiudere dopo i deludenti Mondiali brasiliani.
”Per me è la cosa più naturale chiamare Andrea, è una garanzia dal punto di vista tecnico e umano” ha detto Conte. Ma dodici anni di Nazionale non è facile metterseli alle spalle, è più semplice concedersi almeno la possibilità di chiudere un cerchio vincente. Il debutto del regista bianconero è avvenuto nel 2002 proprio contro l’Azerbaigian (il ct era Trapattoni).
Per un veterano che torna sui suoi passi, c’è un ventinovenne che scalpita per l’esordio. Graziano Pellè, attaccante pugliese del Southampton, è alla prima convocazione in Nazionale maggiore: “È un’emozione particolare essere tornato in Nazionale. È bellissimo far parte di questo gruppo, voglio capire il prima possibile gli schemi del mister, e se ne avrò la possibilità, essere in grado di dimostrare il mio valore sul campo”.
Sei anni trascorsi all’estero, prima nell’Az Alkmaar, poi al Feyenoord (ben 50 reti in 57 presenze) e adesso in Premier League. Un Erasmus calcistico, più che un esilio, per un ragazzo umile come pochi: “Difficilmente do colpa ad altra gente per quello che non mi va bene . Se è passato tanto tempo dalla mia ultima convocazione in Nazionale, è stata soltanto colpa mia. Sono arrivato adesso alla maturità totale, fisica e mentale. Ho dovuto fare un giro largo, ma meglio tardi che mai”.