La fiducia al Jobs Act da parte del Senato è arrivata, come previsto, a notte fonda: 165 sì, 111 no, 2 astenuti. Si tratta della 24esima volta che il governo Renzi incassa la fiducia ma non sono certamente superati i malumori interni al Pd che potrebbero esplodere alla Camera. La fiducia è arrivata dopo una giornata davvero infuocata e densa di colpi di scena.
Tormentato e non privo di colpi di scena il dibattito in Senato sulla riforma del Lavoro. Nonostante le perplessità delle opposizioni e il malcontento della minoranza del Partito democratico sul Jobs Act, il premier Renzi e i suoi fedelissimi ministri, Maria Elena Boschi e Giuliano Poletti, vanno avanti per la strada che hanno segnato a colpi di fiducia.
Messo alle strette dalle critiche giunte anche dalla sua stessa maggioranza, Renzi ha annunciato, dopo l’incontro con i sindacati – anche loro in guerra contro il testo del Jobs Act -, il ricorso alla fiducia. “Voteremo entro la sera di mercoledì”, ha annunciato il presidente del Consiglio alla conferenza stampa del vertice Ue sul Lavoro che si è svolto a Milano. “Non temo defezioni nel Pd”, ha dichiarato, sicuro di sé. E aveva ragione.
Bagarre in Aula durante l’intervento di replica del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti al termine della discussione sul ddl delega sul Jobs Act. A scatenare il caos sono i senatori del Movimento 5 Stelle che in un crescendo di urla e di manifestazioni varie, tra cui l’esposizione di manifesti e di fogli bianchi, costringono il presidente del Senato, Pietro Grasso, dapprima a un richiamo formale all’ordine del capogruppo Vito Petruccelli, quindi a decidere la sua espulsione dall’Aula e a sospendere la seduta dell’assemblea. Dai banchi della Lega Nord sono anche arrivati fogli e libri contro il presidente del Senato: a lanciare il libro il capogruppo della Lega Nord Gianmarco Centinaio, che poi si è giustificato parlando di “un momento di nervosismo”.
Di fronte al maxi emendamento presentato dal Governo – di cui fino a tarda mattinata non si avevano notizie – a modifica del testo che era stato approvato dalla Commissione Lavoro di Palazzo Madama, i malpancisti della minoranza del Pd hanno dovuto cedere – “non possiamo far cadere il Governo con la legge di stabilità alle porte” – e hanno annunciato battaglia alla Camera. “Abbiamo accolto con grande soddisfazione il fatto che alcune delle nostre proposte di miglioramento del ddl delega sul Jobs Act siano state accolte dal maxi emendamento proposto per la fiducia. Ma non basta – ha detto la senatrice Maria Cecilia Guerra – altri temi non trovano accoglimento nella delega. Lo potranno fare nell’esame da parte della Camera”.
“Voteremo la fiducia al governo, anche se estranea a un dibattito di merito – aveva quindi sottolineato la senatrice a nome di tutti i suoi colleghi – perché non abbiamo mai voluto far cadere il governo. Il nostro intendimento e obiettivo è quello di migliorare la delega”. Guerra ha quindi spiegato che è stato stilato un documento, sottoscritto da 27 senatori “ma anche da un gruppo di deputati della direzione del Pd (9 membri, n.d.r.) che seguono in particolare i temi del lavoro”.