C’è un nuovo motivo di scontro all’interno del Partito democratico: il numero di iscritti. Le cifre si rincorrono senza che ci sia un dato certo ma di sicuro c’è che il calo degli iscritti al Pd, nel 2014, sarà significativo.
Il dato che ha scatenato l’ennesima discussione interna al partito è quello diffuso da alcuni organi di stampa (tra cui La Repubblica) secondo cui fino a questo momento le tessere “vendute” dal partito sono circa 100.000. Nel 2013, questo è un dato certo, gli iscritti al Pd sono stati 540.000. Più che un calo, un crollo.
Il portavoce del Pd Lorenzo Guerini da un lato smentisce (o perlomeno motiva) il calo, dall’altro certifica la difficoltà del Pd a ripetere l’exploit del recente passato. Prima dice: “Le notizie sul numero degli iscritti pubblicati su organi di stampa e sui cui si sta costruendo una polemica inutile e strumentale, sono infondate: il tesseramento del Pd è iniziato il 25 aprile del 2014 (le tessere sono state distribuite a partire dal mese di giugno) e terminerà il 31 dicembre 2014”. Poi però ammette: “L’obiettivo è superare i 300.000 iscritti”. Cioè, nella migliore dell’ipotesi un calo del 40%, un dato che comunque legittima un dibattito interno e che merita un’analisi politica.
In ogni caso un dato che non è passato inosservato a chi per ora ha interesse ad agitare le acque e a remare in una direzione diversa da quella del premier. Ed è già polemica tra i big del partito e gli esponenti della cosiddetta “minoranza”.
“A qualcuno piace un Pd con 400 mila iscritti ma che prende il 25% e perde”. Il segretario Renzi non smentisce il dato del calo dei tesseramenti, ma elenca tutti i successi elettorali del partito da quando c’è lui alla guida. “Il Pd in questi mesi ha un gruppo di persone che dice che da quando c’è la segreteria Renzi il Pd perde gli iscritti. Vorrei farvi notare – aggiunge – che il Pd ha preso quest’anno il 40,8 per cento, sedici punti in più delle ultime elezioni. Ha fatto tre elezioni regionali: le ha vinte tutte e tre. Ha vinto nel 73 per cento dei comuni italiani. Certo spiace non aver vinto nel 100 per cento… Ma c’è quella cosa che si chiama democrazia..”.
Uno dei primi a commentare il dato, con una strategia da bastone e carota, è stato l’ex segretario Pierluigi Bersani. “Un partito fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito”, sottolinea, ma poi aggiunge: “Per fortuna noi ancora non lo siamo e probabilmente non lo diventeremo”.
“Temo che il Partito Democratico stia scivolando, lentamente e surrettiziamente, verso una forma più vicina a quella di un comitato elettorale – dice Stefano Fassina. – Basta girare un po’ per i circoli, come faccio io ogni giorno, per rendersi conto dello stato di semi abbandono in cui versano tante realtà. Bisogna convocare subito una assemblea nazionale dei coordinatori di circolo e mettere in cantiere una assemblea di partito per mettere mano alla struttura e all’organizzazione”.
“L’unico dato certo sono gli oltre 11 milioni di elettori che hanno scelto il Pd e Renzi alle Europee. E’ paradossale che chi aveva portato il partito al suo minimo storico, oggi utilizzi i numeri parziali del tesseramento, per valutazioni fuori misura”, afferma il senatore Mario Morgoni, componente della direzione Pd.
Ma il problema, secondo alcuni, è proprio questo: il segretario e premier, Matteo Renzi, è riuscito a intercettare alle Europee una parte di elettorato di centrodestra disorientato dopo la fine del Pdl e la separazione di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano; ma, come conseguenza, potrebbe aver allontanato una parte di iscritti e di attivisti, che non hanno visto di buon occhio questo stringere l’occhio agli ex berlusconiani (o ai berlusconiani tout court).