All’apparenza sembrava un normale ingrosso di abbigliamento con prodotti provenienti dalla Cina esposti per la vendita. Invece, dopo un’accurata ispezione, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania hanno scovato, abilmente celato tra le scaffalature, un vero e proprio grande magazzino del falso.
Un primo locale, ricavato all’interno dell’esercizio commerciale, era adibito a showroom per l’esibizione del campionario dell’abbigliamento contraffatto, destinato prevalentemente ad ambulanti di origine extracomunitaria del capoluogo e della provincia etnea, per la selezione e la successiva ordinazione dei prodotti.
Le successive operazioni di perquisizione eseguite nella struttura hanno consentito di rivelare, al piano superiore, raggiungibile attraverso un montacarichi interno, un altro locale dove era stoccata la gran parte degli oltre 23.000 capi d’abbigliamento recanti marchi illecitamente riprodotti sottoposti a sequestro.
Ma l’attività investigativa dei militari del Gruppo di Catania non si è limitata al rinvenimento della merce contraffatta. Infatti, grazie all’attenta analisi dell’enorme quantità di merce custodita, è stato scoperto anche un abile sistema utilizzato dai commercianti cinesi per cercare di superare i sempre più stringenti controlli effettuati durante l’importazione in Italia da parte dell’Agenzia delle Dogane e dalle stesse Fiamme Gialle.
Alcune migliaia dei prodotti sottoposti a sequestro non recavano, a un primo esame, alcuna particolare marca, ma una curiosa applicazione di stoffa, apparentemente di decoro del capo di vestiario. La rimozione di quest’ultima, invece, ha consentito di disvelare l’illecita apposizione dei loghi e dei marchi delle più note griffes del mondo della moda: Armani, Liu Jo, Versace, Guru e Frutta, solo per citare i principali.
La gran parte del materiale sottoposto a sequestro è costituito da jeans, pantaloni, tute, magliette e felpe, tutti confezionati in modo del tutto identico ai capi originali, tantoché, sono stati sequestrati anche oltre 4.000 cartellini contraffatti dei marchi Armani e Versace che, una volta apposti sui capi di vestiario, ne avrebbero rappresentato il “tagliando di qualità”, rigorosamente falso.
Al termine dell’ispezione, la titolare dell’esercizio commerciale è stata denunciata alla Procura della Repubblica del capoluogo etneo per i reati di contraffazione, frode in commercio e ricettazione, mentre l’immissione sul mercato e la successiva vendita dei prodotti sequestrati avrebbe consentito di realizzare ricavi stimati in oltre 200 mila euro.