“Io non sono un massone e non lo è mio padre, sono un boy scout. La verità è che io non omaggio certi poteri e questa è la reazione”. Sono le parole del premier Matteo Renzi in un colloquio con “La Repubblica”. Il presidente del Consiglio risponde così alle critiche giunte negli ultimi giorni al suo esecutivo. Attacchi provenienti non tanto dalla minoranza del suo partito o dall’opposizione, quanto dai sindacati e dalla Cei.
“E io insisto – dice Renzi -. Non mollo. Cominciamo con il cambiare lo statuto dei lavoratori”. In ogni caso se qualcuno pensa di “volermi sostituire a Palazzo Chigi, si accomodi pure” ma, tuona Renzi, “il Pd – il partito del 41% – non accetterà di farsi da parte”.
E rilancia così l’intenzione di cambiare “tutto lo Statuto dei Lavoratori, è stato pensato 44 anni fa. È come se uno cercasse di mettere il rullino in una macchina fotografica digitale: sono due mondi che non dialogano. Nel merito l’articolo 18 non difende tutti. Anzi, in fin dei conti non difende quasi nessuno. Nel 2013 i lavoratori reintegrati sono stati meno di tremila: considerando che i lavoratori in Italia sono oltre ventidue milioni stiamo parlando dello 0,0001%. È solo un tema strettamente ideologico. Il reintegro spaventa gli imprenditori e mette in mano ai giudici la vita delle aziende. Va tenuto solo per i casi di discriminazione”.