“Non c’è nessuna prova” che il segno sul seno di Simonetta Cesaroni sia dovuto “ad un morso”, ne’ che tale morso sia “attribuibile” a Raniero Busco. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza di proscioglimento dell’ex fidanzato della ragazza, uccisa con trenta coltellate il 7 agosto del 1990. Il delitto avvenne a Roma, in uno stabile di via Poma.
I supremi giudici ricordano che Carella Prada, “l’unico professionista che aveva esaminato il cadavere, non aveva affatto affermato con certezza che quei segni fossero stati prodotti da un morso; ne’ in sede di verbale autoptico, ne’ in sede di escussione dibattimentale”.
L’attribuibilità dei segni a un morso per la Cassazione è solo “un’ipotesi (non l’unica) e i pareri indicano una compatibilità tra i segni sul corpo della vittima e la dentatura di Busco. Come si vede, si tratta di due passaggi diversi (attribuibilità dei segni a un morso; attribuibilità del morso a Busco) per nessuno dei quali viene espressa una certezza di carattere scientifico”.
Sembra quindi che il delitto sia destinato a rimanere un mistero.