I verdetti giunti in settimana dalle italiane impegnate in Champions e in Europa League hanno stupito tutti, anche i più ottimisti. Il bilancio parla di cinque vittorie e un pareggio: due successi nella massima rassegna continentale con Juventus e Roma; tre affermazioni in Europa League firmate Inter, Napoli e Fiorentina ed uno 0-0 per il Torino dal sapore agrodolce.
In altri tempi (o in altri campionati) questi risultati non avrebbero di certo autorizzato a riflessioni trionfalistiche o patriottiche, ma oggi in Italia la realtà è differente. Il calcio nostrano si è ridotto ad essere nient’altro che un appendice delle ricche e feconde leghe inglesi, tedesche ed in parte spagnole, un “mercato” povero dal quale attingere a poco prezzo. Insomma, un prodotto da vendere al ribasso che stenta a mantenersi a galla sul mercato.
Ma è davvero così buio l’orizzonte del campionato italiano? È così grande il gap con le “nuove” big d’Europa? Bilanci alla mano diremmo proprio di si, ma ci sono alcuni segnali che giungono dal calcio giocato che potrebbero gettare nuova luce sullo stato di salute della Serie A. Primo fra tutti la qualità nel gioco proposto. Sia la Juventus di Allegri che la Roma di Garcia hanno vinto divertendo e divertendosi, con spettacolo e quel pizzico di esibizionismo ed estro che tanto piace alle platee.
Zero catenaccio e addio alle dighe difensive. Quella in corso sembra essere una vera e propria rivoluzione di prospettive e priorità. Prima il bel gioco, lo spettacolo e poi il risultato. Una crisi mistisca per il calcio italiano che ha dimostrato, anche se con passi talvolta troppo timidi, di volere cambiare. E poco importa se il “Cholo” Simeone (svezzato in Italia) dichiara apertamente di ispirarsi al nostro vecchio pallino del “risultato a ogni costo”, le cose stanno lentamente mutando direzione.
È vero, l’età media del campionato italiano resta tra le più alte d’Europa (oltre 26 anni), ma rispetto al passato quelli che prima venivano ritenuti giovanotti di belle speranze, oggi sono seri candidati alla titolarità. Il caso di Coman, il gioello francese classe 96′ della Juve, ne è un esempio proprio come i vari Zaza, De Sciglio, Florenzi, Bernardeschi, Belotti etc…
Scelte e risultati che oggi iniziano a dare i primi riscontri, anche se talvlolta meramente simbolici. In primis c’è il Ranking Uefa, classifica generale dei club europei che, alla luce della vittoriosa “tre giorni” delle italiane, ci ha portato nuovamente al quarto posto sopra il Portogallo. Le cinque vittorie e il pareggio del Toro hanno portato in dote ben 1833 punti. Il nostro punteggio è salito a 55,676 punti, di poco superiore a quello portoghese fermo a 55,549 dopo le tre sconfitte, il pareggio e la vittoria portati a casa.
Dati in controtendenza rispetto al passato che, sebbene non possano rivoluzionare le gerarchie europee nell’immediato, quanto meno sono in grado di fornire nuovi e alti stimoli. La Germania è ancora distante circa 11000 punti, ma questo gap è destinato ad assottigliarsi per via della logica dello “scarto” che porterà i tedeschi a dovere rinunciare ai risultati conseguiti prima del 2010. Bisogna però continuare a far bene in Europa e ad essere lungimiranti in Italia, per potere sperare nell’aggancio al terzo posto.
Se ai risultati dei club aggiungiamo quelli della Nazionale di Antonio Conte, i motivi per sorridere aumentano in maniera esponenziale. Due vittorie nette e convincenti contro Olanda e Norvegia, ottenute attraverso il gioco e la grande corsa. La dimostrazione palese che il cambiamento può anche partire dall’alto e non per forza dal basso. L’eterodirezione può essere senza dubbio una risorsa in più se ben sfruttata e se ben accetta dai club. La Figc sta lavorando proprio su questo.
Poco conta se i risultati di Juventus, Roma, Napoli, Inter, Torino e Fiorentina siano giunti contro formazioni non di primissimo piano. E poco conta se l’Europa League oggi valga appena 10 milioni contro i 40 (esclusi gli introiti dei diritti TV) della Champions. In ballo c’è ben più del fatturato dei club e del calcio italiano nel suo complesso. Oggi quello che conta è aver fatto meglio di Spagna, Inghliterra e Germania (tutte con almeno una sconfitta all’attivo), anche per una sola settimana. Un nuovo inizio, proprio come l’Araba Fenice.