“I mille giorni non sono un tentativo di perdere tempo, ma l’ultima chance per pareggiare i conti. L’Italia ha interrotto la caduta ma questo non basta, non è sufficiente. I numeri non sono più devastanti, ma abbiamo bisogno di ripartire e tornare a crescere”. A dirlo è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenendo alla Camera sulle linee di attuazione del programma di governo dei 1.000 giorni.
“Noi – prosegue – non siamo partiti con l’obiettivo di tenere in piedi la legislatura, ne’ siamo interessati a tenere in piedi la carriera di un singolo parlamentare o di un membro governo, ma vogliamo che resti in piedi l’Italia intera”.
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Il premier parla dell’attuale situazione economica e torna a ribadire, con il consueto tono ironico, che l’esecutivo “rispetto al derby tra i ‘professionisti della tartina’ e l’Italia che si spezza la schiena”, sta dalla parte della seconda parte. Renzi spiega che “l’obiettivo è tornare a crescere partendo dal numero di occupati” e parla di “una polemica oggettiva rispetto ai ‘professionisti’ che in questi anni hanno sottaciuto rispetto alla gravità della crisi. E che ora pretendono di dirci come fare”.
“Sono convinto – aggiunge il presidente del Consiglio – che negli ‘stress test’ le banche italiane saranno più forti di altre europee: noi abbiamo salvato le banche degli altri Paesi, nessuno ha salvato le nostre”.
Renzi elenca quanto è già stato fatto e le riforme “da realizzare fino alla scadenza naturale della legislatura” pur “sapendo che è facoltà delle Camere in ogni momento negare la fiducia e sapendo che da questa parte del tavolo non abbiamo paura di confrontarci con gli italiani”.
“La legge elettorale – sottolinea – la faremo subito ma non per andare immediatamente a votare, ma perché una ennesima melina istituzionale sarebbe un affronto”.
Il premier torna a parlare della fine del bicameralismo, definita “un’esigenza sacrosanta”. “Credo – ribadisce – che con il loro voto i senatori abbiano svolto una funzione importantissima, hanno dimostrato plasticamente che il tempo delle rendite è finito per tutti”.
Quanto al fisco, chiarisce che al termine dei mille giorni il sistema fiscale del Paese sarà “più semplice, meno complesso”. Il fisco cammina di pari passo con la riforma del lavoro: “il diritto del lavoro non sarà quello di oggi. Io ritengo che non ci sia cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini in cittadini di serie A e di serie B. Se sei un partita iva non conti niente. Se sei un lavoratore di un’azienda sotto i 15 dipendenti, non hai alcune garanzie. Se stai sopra sì. Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid. Le regole sul lavoro vanno ridotte, ma devono essere chiare”. Su questo tema arriva la richiesta di “un impegno nel lavoro quotidiano per portare avanti la delega sul lavoro all’attenzione del Parlamento, altrimenti siamo pronti a usare strumenti d’urgenza”.
Entro la fine dei Millegiorni, annuncia, “ci sarà una legge sui diritti civili” e la riforma della Rai “dove la governance sarà sottratta dalle scelte di un singolo partito. Dispiace che da quando mi sono insediato non ho mai incontrato l’amministratore delegato di quell’azienda”.
Ampio spazio nelle parole del premier anche per la riforma della giustizia, aspramente criticata dall’Anm. “Io – dice – sono dalla parte di tutti coloro che garantiscono, lottano e combattono per l’indipendenza e la libertà della magistratura. Chi oggi volesse mettere in discussione questo, troverà in noi i primi e più seri ostacoli”. Ma invita a non polemizzare sulla riduzione delle ferie per le toghe. “La riforma della giustizia – sottolinea – deve cancellare il violento scontro ideologico del passato”.
E torna a parlare anche della riforma della scuola, delle critiche ricevute ieri da alcuni esponenti politici per la presenza dei ministri nelle scuole in coincidenza con l’inizio del nuovo anno. “Qualcuno – ironizza – ci preferisce chiusi nei palazzi, asserragliati dentro una dimensione di casta. Quei bambini che abbiamo incontrato a scuola, sono la ragione stessa per cui siamo qui, e per cui il pacchetto di riforme è voluto”.
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Temi “interni” ma anche politica estera nelle parole di Renzi, che sottolinea il valore della nomina di Federica Mogherini come Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera: “L’Italia che ottiene la guida della politica estera è considerata da alcuni ‘professionisti nostrani del commento’ come una sconfitta perchè di politica estera non dobbiamo occuparci, come se fosse una mia personale impuntatura. Ho conservato i titoli: ‘Telemaco torna a casa a mani vuote’. ‘Il bullo toscano sbatte la faccia contro la burocrazia europea’”.
Un passaggio è dedicato anche alla vicenda Eni, con l’amministratore delegato Claudio Descalzi coinvolto in un’indagine giudiziaria. Quella di Descalzi è una delle prime e più “pesanti” nomine del governo Renzi. “Rispettiamo le sentenze – precisa Renzi – ma l’avviso di garanzia non può costituire un vulnus all’esperienza professionale di una persona”.
Stessa linea seguita per lo scandalo “spese pazze” che ha travolto due esponenti del Partito democratico emiliano: “Avvisi di garanzia più o meno ‘citofonati’ non cambiano il corso della politica”.