La strada della fecondazione eterologa in Italia sembra ancora lunga e abbastanza difficile.“La verità è che l’eterologa parte in una situazione artigianale, poco conforme agli standard qualitativi altissimi della sanità italiana”. In un’ intervista con Avvenire, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, esprime dubbi sulle linee guida delle Regioni sulla fecondazione eterologa. “Non sono serena”, dice, perché le coppie in cerca di un figlio “non sono tutelate” e le Regioni partono senza che il trattamento sia inserito nei livelli essenziali di assistenza, quindi senza fondi certi.
L’accordo tra le Regioni, secondo il ministro, ha “il limite che, non essendo una norma di legge, non può obbligare alla tracciabilità completa donatore-nato, né istituire il Registro Nazionale dei Donatori”, per questo condivide “la richiesta del presidente Chiamparino di sollecitare le Camere per colmare al più presto il vuoto normativo nell’interesse della salute delle coppie e dei bambini che nasceranno”.
Lorenzin mette in luce anche un’altra questione: “Ricordo che la sentenza della Corte Costituzionale non parla di ‘eterologa per tutti'”, e “non ci può essere un automatismo fra fallimenti di omologa e accesso all’eterologa”. Poi c’è il connesso problema dei costi, “anche perché se tutte le omologhe fallite diventassero richieste di accesso all’eterologa i costi per il servizio sanitario non sarebbero calcolabili”. E senza decreto che inserisce l’eterologa nei ‘Lea’, “ogni Regione dovrà trovare le risorse per tutto questo, fermo restando che sono solo otto quelle senza piani di rientro, che quindi hanno margini di manovra nella gestione dei fondi. Insomma: senza una legge, chi paga?”.