Voto 10 a Viggo Mortensen – Lo abbiamo incontrato oggi, in attesa di vederlo più tardi nel film in concorso Loin des hommes, tratto dal racconto L’ospite di Camus e diretto da David Oelhoffen. Bene, il nostro Viggo non solo è sempre splendido, ma ci cattura con il suo carisma e la sua profondità. Attore, ma anche scrittore e fotografo, legge tantissimo, rifugge le chiusure ideologiche e mentali, conosce cinque lingue, ascolta senza traduttore e prova a rispondere in italiano. Parla con sobrietà dal suo film, ma senza nascondere un lato appassionato. Ne parla come un film non ideologico, ma sovversivo, perché nel nostro tempo, a suo avviso, non c’è nulla di più sovversivo del sentimento della compassione reciproca.
Voto 9 a Belluscone, una storia siciliana di Franco Maresco – Strepitoso Maresco, che con questo film ci fa tornare alla memoria lo spassosissimo Enzo, domani a Palermo!, sia per lo stile del montaggio, sia per la carica ironica e la satira sottile. A trasformare la pellicola in una giallo semiserio, quasi una detective story improvvisata e rocambolesca, è l’improvvisa scomparsa del regista proprio alla fine del lavoro. L’amico Tatti Sanguineti si reca allora a Palermo per scoprire che fine abbia fatto il regista. Incontra Pino Maniaci, storico giornalista antimafia di Telejato, parla con la troupe che ha partecipato alla lavorazione del film e cerca di capire in quale guaio possa essersi cacciato Maresco. Perché il suo lavoro ricostruisce, attraverso materiale di repertorio e interviste, gli accordi intercorsi tra Berlusconi e la mafia siciliana. Parallelamente, si indaga nel mondo delle feste di quartiere, gestite dall’impresario Ciccio Mira, berlusconiano e nostalgico della mafia di un tempo. Si seguono le vicende di due cantanti neomelodici, e si assiste a una carrellata di spettacoli e trasmissioni televisive che lasciano trasparire i rapporti tra questo tipo di intrattenimento e le famiglie mafiose della zona. Da non perdere.
Voto 8,5 a al look alternativo di Charlotte Gainsbourg – Qualcuno l’ha giudica un po’ sopra le righe, soprattutto per il look un po’ rock con il quale si è presentata alla conferenza stampa del film di cui è protagonista, 3 Couers di Benoit Jaquot. Ma secondo noi, Charlotte Gainsbourg, con la sua semplicità e la sua bellezza davvero acqua e sapone, può ben permetterselo. Spicca per originalità anche sul red carpet con un completo due pezzi davvero inusuale e glam, composto da un top corto e da una gonna con spacco laterale vertiginoso.
Voto 8 a The cut di Fatih Akin – Un’accoglienza un po’ fredda in sala per un film che invece, per la complessità degli argomenti, andrebbe valutato con più calma. The cut è l’odissea di un uomo armeno, Nazaret, che viene strappato alla propria famiglia durante i rastrellamenti operati dell’esercito turco ai danni del popolo armeno nel 1915. Nazaret riuscirà a sopravvivere tra mille traversie fino alla vittoria degli inglesi, che capovolge le sorti dei Turchi. Venuto a sapere che le sue figlie sono ancora vive, parte per un lungo viaggio che lo porterà fino a Cuba e quindi a Minneapolis. È un film che parla in primo luogo del male che gli uomini infliggono gli uni agli altri, ma al contempo alla profonda generosità che è possibile dare o ricevere. Un film che ci ricorda che, nella vita, possiamo essere tutti, e alternativamente, vittime e carnefici. L’unica pecca è l’eccessiva durata del film, quei 138 minuti che forse poteva essere snelliti in alcuni passaggi. Bravo il protagonista Tahar Rahim che, costretto al silenzio per quasi tutta la durata del film, affida tutto alla sua espressività. Una chicca, invece, la scena in cui il protagonista, in una Aleppo ormai liberata, vede per la prima volta la proiezione di un film di Charlie Chaplin. Questa scena bellissima, con la sua intensità, ci ricorda di colpo perché è nato il cinema, e quale fosse la sua primigenia raison d’être.
Voto 7,5 a Hungry Hearts di Saverio Costanzo – Anche il secondo film italiano in concorso raccoglie consensi e non delude. Saverio Costanzo racconta una storia difficile e disturbante, quella di Mina che, dopo l’incontro con il newyorkese Jude, lo sposa e ha da lui un figlio. Fin di primi mesi di gravidanza, comincia a nascere in lei la convinzione che il suo bambino sia speciale, una convinzione che si trasforma presto in ossessione per la purezza. Mina è così tormentata dall’idea di non far entrare in contatto il piccolo con l’esterno, lo sporco e tutto ciò che lei reputa possa fargli male, da cominciare a nutrirlo di soli semi e verdure coltivati da lei stessa. Jude inizialmente l’asseconda, ma quando i medici lo avvisano del grave stato di malnutrizione in cui versa il bambino, inizia tra lui e Mina una sorta di gara: Jude cerca di trovare tutti i modi per nutrire il piccolo, Mina per non fargli assorbire nulla. Questo braccio di ferro farà precipitare la coppia in un baratro. È un film “a strappo”, quello di Costanzo, dove lo stacco di montaggio conduce brutalmente da una scena all’altra, da un momento temporale a un altro. Tutte le azioni sono condensate e il superfluo resta fuori dal narrato. Le inquadrature, spesso perturbanti, si sposano perfettamente con l’alterazione mentale di Mina e con la tensione che sempre di più si insinua all’interno della casa. Non sempre convincenti gli attori, che potrebbero dare di più, ma che comunque se la cavano egregiamente, vista la complessità delle tematiche affrontate.