Tempo di affitti per gli studenti fuori sede delle università italiane. Tempo di salassi, dunque. La richiesta media, secondo uno studio di Immobiliare.it, ammonta a 380 euro per una stanza singola e a 280 per un posto letto in doppia.
La città universitaria più cara d’Italia è Milano: la richiesta media per una stanza singola qui è pari a 480 euro, il 26% in più della media nazionale (ma si arriva anche a 590 euro nelle zone più centrali), mentre per la doppia si spendono 320 euro. Seconda in classifica è Roma: 410 euro al mese per una singola e 300 per una doppia. Ma, anche in questo caso, la prossimità al centro storico della Capitale fa lievitare i prezzi a oltre 500 euro.
A seguire, le città con i prezzi degli affitti più elevati sono tradizionali destinazioni degli universitari: Firenze (360 euro per la singola, 260 per il posto in doppia), Bologna (330 per una stanza singola, 240 per la doppia) e Torino (320 euro per la singola, 220 per il posto in una stanza condivisa). Si risparmia al Sud, con prezzi medi per la singola sotto i 200 euro a Catania e Palermo.
Anche i giovani lavoratori sono alla ricerca del posto letto, anche in doppia, segno evidente che i primi stipendi non bastano mai per essere indipendente dal punto di vista dell’alloggio. E tra gli inquilini c’è anche il padrone di casa nel 14% delle offerte di affitto: un fenomeno in crescita, quello degli affitti parziale, che dimostra come coloro che sono riusciti ad avere la casa propria hanno bisogno però di un aiuto per sostenere le spese domestiche.
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Caro Direttore, solo caro Studi?
Molti articoli giornalistici, come ogni anno, pongono in evidenza la questione tra il tanto proclamato "diritto allo studio" e l'impossibile naturale obbligo genitoriale a sostenere i propri figli economicamente, reso particolarmente tale da quanto viene esercitato la pratica del regnante e non quella repubblicana. Di questo caro "studio", a riguardo delle abitazioni, spesso vengono accusati farisaicamente solo i privati che detengono uno o più appartamenti nelle città del "caro alloggio" e certamente ne esistono le prove. Cosi come nessuno delle autorità addette al controllo della qualità fa valere la normativa sui fittacamere perché questo sono nei fatti sono con gli studenti.
A dire il vero, mi sembra che i privati rispondano nudi e crudi alla possibilità che l'istituito mercato offre loro ma questo "animale a sette teste" è nutrito pressoché dalle Amministrazioni Locali delle Città Universitarie e dalle strutturate Agenzie Regionali del Diritto allo Studio.
Quegli enti locali, ad esempio, provino a proporre, come avveniva un tempo, agli studenti fuorisede l'abbonamento dei trasporti urbani ad un prezzo politico, 10/15 €/mese a seconda delle distanze, anziché 36 euro (che adesso vengono riversate sul posto letto); prezzo politico che del resto fanno già a Ferrara ma riservato ai soli dipendenti del Comune, apicali compresi. Se ciò fosse fatto vedremmo che gli studenti (addirittura accusati di sostenere il mercato nei centri città) volentieri alloggerebbero in quelli disponibili non immediatamente vicine alle facoltà, facendo vacillare, almeno per un certo numero di anni, il caro/prezzo; il centro ne guadagnerebbe.
Mentre per quanto riguarda le agenzie regionali sopra ricordate, provate a verificare i prezzi che impongono sia per i borsisti che per le poche stanze o posti letto ad "accesso libero" nelle Residenze Universitarie, e scoprirete che queste sono vergognosamente offerte ad un prezzo alto, più alto di quello preteso dai privati/pipistrelli nonostante gli alloggi siano di proprietà pubblica e dovrebbero servire all'interesse pubblico come quello del diritto allo studio. Per verifica analizzate i loro denominati "borsini" (espressione che rivela il loro sentire); per Bologna questo indica prezzi che vanno mediamente intorno a €. 287/posto letto, crescendo oltre 350/380 euro per una mini singola; mentre a Ferrara vanno da 240 a 300 euro. Come è facile arguire, sono proprie queste Agenzie che danno la stura al caro alloggio, altro che privati cari e studenti assatanati di volere abitare sotto le soglie degli atenei (meritano ancora questo nome?). Il motivo è semplice: tengono alto il prezzo per diminuire, a chi ne ha avuto il diritto, il valore della borsa di studio vinta dallo studente. Con beffa per i genitori, se il figlio non riesce a dare gli esami entro il fatidico 10 Agosto (mentre l'anno accademico chiude più tardi), che dovranno restituire non il reale valore del posto letto o stanza utilizzata ma quello imposto unilateralmente dall'Agenzia, per non riferire del fatto che si inventano una scadenza annua per ogni beneficio a cui potenzialmente si ha diritto in modo da rendere complicato il reale diritto. Tutto ciò non merito l'appellativo di truffa? Non è tutto ciò che rende interessante il ricorso al mercato nero tenuto conto che quanto è detraibile dal necessario sostentamento è del tutto irrisorio? Quanto incide l'apparato delle Agenzie sulla spesa? Spesso in alcuni atenei la selezione sugli esami viene rinvigorita proprio per rispondere a questo scopo. E' bene che la magistratura e la guardie di finanza indaghino su quanto denunciato. Andrebbero resi pubblici i dati sul numero/annuo degli studenti a cui viene liquidata la "borsa", ex presalario, rispetto al numero di quelli che debbono restituirla (borsa o prestito?), ovvero il numero di anni medi che impiega un ragazzo a perderla. Senza voler ricordare che le Regioni e questi Enti, tengono con false motivazioni chiuse molte residenze di proprietà pubblica che potrebbero ospitare molti altri studenti. Insomma è questa la politica del diritto allo studio (la vera pratica invisibile del numero chiuso) fatta in nome dello Stato dei cittadini, da questi "politiconzoli" che proteggono non gli italiani ma il loro sedere. Su questo problema e sui danni conseguentemente perpetrati alle famiglie (restituzione oltre il dovuto) come sulla impossibilità di far votare i fuorisede nelle tornate elettorali (dall'estero si, dall'Italia no) chi si definisce opposizione, dovrebbe attivarsi, più di quanto fa. Pensateci gente, pensateci.