Se da una parte l’Italia è in piena recessione, a non temere crisi è l’imprenditoria cinese che continua a crescere nel nostro Paese: +6,1% a fronte del -1,6% di quella italiana. In Lombardia, in Toscana, nel Veneto e in Emilia Romagna si concentra il 60% circa degli imprenditori provenienti dalla Cina.
I settori maggiormente interessati dalla presenza degli imprenditori cinesi sono il commercio, con quasi 24.050 attività (con un buon numero di imprese concentrate tra i venditori ambulanti), il manifatturiero, con poco più di 18.2000 imprese (quasi tutte riconducibili al tessile-abbigliamento e calzature) e la ristorazione-alberghi e bar, con oltre 13.700 attività. Cresce invece la presenza di imprenditori cinesi nel settore dei servizi alla persona, ovvero tra i parrucchieri, le estetiste e i centri massaggi: il numero totale è di poco superiore alle 3.400 unità, ma tra il 2012 ed il 2013 l’aumento è stato esponenziale: +34%.
“Sebbene in alcune aree del Paese esistano delle sacche di illegalità che alimentano il lavoro nero e il mercato della contraffazione – rileva il segretario Cgia Giuseppe Bortolussi – non dobbiamo dimenticare che i migranti cinesi si sono sempre contraddistinti per una forte vocazione alle attività di business. I cinesi, infatti, nel momento in cui lasciano il Paese d’origine, sono tra i migranti più abili nell’impiegare le reti etniche per realizzare il loro progetto migratorio che si realizza con l’apertura di un’attività economica”.
Ma la crescita non riguarda solo i cinesi. Le aziende guidate da stranieri, tra il 2012 e il 2013, sono aumentate del 3,1%, toccando, in valore assoluto, quota 708.317.