Con l’ok dell’Aula all’articolo 40 sono terminate le votazioni ad articoli ed emendamenti del ddl Riforme, tra l’applauso della maggioranza e il ‘il boato’ di disapprovazione delle opposizioni. Venerdì 8 agosto, ultimo giorno previsto per l’approvazione dalla conferenza dei capigruppo, i lavori inizieranno con le dichiarazioni di voto finale sul testo. Grazie al lavoro forzato imposto dal governo sono stati approvati gran parte degli articoli, grazie anche all’assenza dei 5 stelle per gran parte dei lavori che hanno lasciato l’Aula per protesta.
Nel frattempo, è arrivato anche il sì definitivo della Camera al decreto legge sulla Pubblica amministrazione. I voti a favore sono stati 303, 163 i contrari, 9 gli astenuti. Il decreto è diventato legge anche grazie a tre fiducie in una settimana. Polemiche accese per la decisione dell’esecutivo di stralciare, per mancanza di copertura, la norma che reintroduceva la cosiddetta “quota 96” che avrebbe consentito il pensionamento anticipato di 4.000 docenti bloccati dalla riforma Fornero. Il premier Matteo Renzi ha assicurato entro fine agosto una norma sulla scuola nella quale ritornare sulla questione.
In Senato i lavori sono ripresi alle 9,30 di giovedì. I senatori del Movimento 5 Stelle hanno immediatamente annunciato la decisione di non volere partecipare alle votazioni sul ddl riforme costituzionali. “Continueremo a non votare”, ha annunciato il senatore Vito Crimi. Momenti di tensione in Aula per via del duro scontro con il presidente del Senato Pietro Grasso: in Aula alcuni senatori hanno votato per altri colleghi assenti e i senatori pentastellati li hanno denunciati. Inoltre, il presidente ha sospeso la seduta dopo l’espulsione dall’Aula del senatore M5S Stefano Lucidi, che si era imbavagliato in forma di protesta. “Visto che è imbavagliato, si accomodi fuori”, ha detto Grasso.
“Da ora in poi chi interrompe i lavori sarà fuori. Questo è chiaro”, ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso, alla ripresa. Il presidente si è però detto disponibile a far rientrare il senatore M5S Stefano Lucidi se “non intende ricominciare” le contestazioni plateali. Non contenti, però, in un momento di interruzione dei lavori parlamentari, i senatori grillini hanno occupato in banchi del Governo nell’Aula di Palazzo Madama.
Pensate cosa abbiamo rischiato #opensenato #lavoltabuona pic.twitter.com/iwbThRtfeV
— Franco Mirabelli (@FraMirabelli) 7 Agosto 2014
L’Aula del Senato ha approvato l’articolo 10 del ddl costituzionale sulle riforme con 189 voti a favore, 39 contro e 11 astenuti. Era uno degli articoli che erano stati accantonati. L’articolo affida prioritariamente il compito di legiferare alla Camera dei deputati mentre all’Aula di Palazzo Madama vengono attribuite competenze su leggi specifiche, come quelle costituzionali.
L’Aula del Senato ha approvato l’articolo 11 del ddl riforme con 214 voti a favore, 17 contro e 13 astenuti. Si modifica l’articolo 71 della Costituzione. Con la nuova formulazione salgono a 150 mila le firme necessarie per la presentazione di leggi di iniziativa popolare. Inoltre, l’ok del Senato, con 215 sì, 11 no e 13 astenuti, è arrivato anche per l’emendamento dei relatori che stabilisce: se le firme sono 500 mila, il quorum per la validità è il 50% più uno degli aventi diritto. Se sono 800 mila, il quorum è la metà più uno dei votanti alle ultime politiche.
Ok del Senato all’art. 34 del ddl riforme con 180 sì, 24 no, 15 astenuti. L’articolo prevede la modifica dell’art. 122 della Costituzione al fine di porre un limite agli emolumenti dei componenti degli organi regionali – compreso il presidente – di modo che non possano superare l’importo di quelli spettanti ai sindaci dei comuni capoluogo di regione.
Via libera anche all’emendamento Sacconi all’art. 33 – che modifica l’art. 120 della Costituzione – del ddl riforme che prevede il commissariamento, da parte dello Stato centrale, di Regioni ed enti locali in caso sia accertato grave dissesto finanziario. L’ok giunge con 167 sì, 46 no e 7 astenuti. Le Camere, comunque, potranno attribuire alle Regioni a statuto ordinario ulteriori forme di autonomia su giustizia di pace, istruzione, beni culturali, ambiente, turismo e sport, ma solo se la Regione è “in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”, secondo quanto prevede l’art. 29 del ddl Boschi approvato dal Senato.
I cinque giudici della Corte Costituzionale eletti, secondo la Costituzione vigente, dal Parlamento in seduta comune saranno eletti separatamente dalla Camera dei deputati (3) e dal Senato (2): è quanto prevede, in sostanza, l’art. 36 del ddl riforme.