Sono ripresi in Aula del Senato i lavori sugli emendamenti al ddl riforme: finora sono stati approvati 20 articoli. Da parte del Movimento 5 stelle continua la protesta: i posti in Aula a Palazzo Madama dei pentastellati sono ancora oggi vuoti. Poco prima della ripresa dei lavori è lo stesso capogruppo Vito Petrocelli a confermare l’assenza dei Cinque Stelle: “non è avvenuto nulla di nuovo, non cambiamo idea”.
A rientrare in aula è invece la Lega. “Siamo rientrati per senso di responsabilità, da oggi si discute di Titolo V e quindi di federalismo e noi, in quest’ambito, porteremo avanti le nostre proposte. In Aula a questo punto ci aspettiamo che si faccia vedere anche il premier”, ha detto il capogruppo del Carroccio Gian Marco Centinaio.
Giovedì invece potrebbe intervenire in Aula il premier Matto Renzi, che fino a stamattina si è dichiarato ottimista sul passo che stanno seguendo le riforme.
E intanto proseguono i lavori. Arriva il sì di palazzo Madama all’articolo 13 del ddl riforme, che disciplina la modifica degli art.73 e 134 della Costituzione, riguardante la promulgazione delle leggi e le competenze della Corte Costituzionale modificando il comma riguardante il giudizio “sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”.
Positivo anche il parere sull’articolo 14 che riguarda il potere del Presidente della Repubblica di rinviare leggi alle Camere prima di promulgarle e concede trenta giorni in più di tempo per la conversione dei decreti legge qualora il Capo dello Stato li rinvii alle Camere.
Via libera dell’Aula del Senato anche all’art. 16 del ddl riforme. Il sì dell’Assemblea giunge con 205 voti favorevoli, 34 contrari, 9 astenuti. L’articolo disciplina la modifica dell’art. 77 sulla decretazione d’urgenza prevista dalla Costituzione ed esclude, in sostanza i decreti omnibus.
Il futuro Senato non avrà il potere di concedere “a maggioranza dei due terzi” l’amnistia e l’indulto, che resta appannaggio della Camera dei deputati. L’Aula, con voto segreto, ha infatti bocciato con 143 voti contrari, 141 a favore e 3 astenuti l’emendamento Casson che prevede la soppressione dell’articolo.
Tre senatori ‘dissidenti’ del Pd erano assenti in Aula a Montecitorio durante la votazione a scrutinio segreto sull’emendamento su amnistia e indulto al ddl riforme. Si tratta della votazione che ha visto la maggioranza superare le opposizioni per due voti. Si tratta di Corradino Mineo, Massimo Mucchetti e Paolo Corsini. La loro presenza ed il loro voto favorevole all’emendamento a firma del senatore ‘ribelle’ del Pd Felice Casson avrebbe messo in minoranza il governo.
Disco verde anche sull’art. 18 del ddl riforme, che assegna alla Camera dei deputati il potere di concedere con legge l’amnistia e l’indulto. Il sì dell’Aula – scontato dopo la bocciatura con voto segreto dell’emendamento Casson che ne prevedeva la soppressione – giunge con 191 voti favorevoli, 35 contrari e 14 astenuti.
Approvato anche l’art. 20. Secondo l’articolo solo la Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato può invece disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.
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