L’Argentina, dalle sei di giovedì mattina, è in default. I disperati negoziati delle ultime ore non hanno portato nulla e l’accordo con i creditori statunitensi non è stato trovato. Per il Paese sudamericano si tratta della seconda volta in 13 anni in cui è costretto a dichiarare il default.
Axel Kicillof ha spiegato che la controparte americana ha rifiutato l’offerta del governo argentino ed ha inoltre definito come “avvoltoi” gli hedge found ai quali l’Argentina è debitrice di 539 milioni di dollari di interessi, a seguito di una sentenza emessa negli Usa. Secondo quanto stabilito dai patti l’Argentina avrebbe dovuto pagare il suo debito entro il 30 giugno scorso.
Il fallimento dell’Argentina era stato in qualche modo anticipato da Standard & Poor’s che mercoledì sera aveva ufficializzato il declassamento del Paese da CCC- a selective default. “Le agenzie di rating non sono credibili – attaccava ieri il ministro Kicillof – situazione è senza precedenti, nessuno sa come definire il default dell’Argentina”. Il ministro aveva spiegato che il default esiste quando non si pagano i debiti mentre “Buenos Aires ha pagato”.
Sono stati i debiti che ammontano a 539 milioni di dollari di interessi su titoli emessi con una scadenza al 2033 a non essere stati onorati che avrebbero dovuto essere saldati il 30 giugno a far crollare il rating Argentino. Se l’Argentina però dovesse saldare il debito allora Standard & Poor’s sarebbe costretta a rivedere il rating. L’Argentina ha depositato su una banca degli Stati Uniti 539 milioni di dollari di interessa per i bond in scadenza nel 2033 ma un giudice di New York ha vietato all’istituto di versare i fondi ai creditori, che hanno rifiutato la ristrutturazione del debito argentino fino a quando non sarà versata la somma di 1,3 miliardi di dollari a due hedge found che hanno preteso il rimborso della somma intera.