Anche trecento lavoratori dell’Eni di Gela, in Sicilia, hanno aderito al sit in di oggi, davanti a Montecitorio, per protestare contro il disimpegno aziendale che minaccia di chiudere tre delle sue cinque raffinerie e due petrolchimici. Fra gli stabilimenti più a rischio figurano Gela (Caltanissetta) e Priolo (Siracusa).
I lavoratori di Gela – il paese di cui è originario l’attuale presidente della regione Crocetta che con l’Eni ha lavorato in passato – sono partiti ieri in pullman dopo la partecipata manifestazione di protesta che si è svolta in Sicilia dove in piazza con 20 mila persone sono scesi sindaci, religiosi e leader sindacali come Susanna Camusso.
Non c’erano gli iscritti e i simpatizzanti dell’Ugl, che hanno preferito rinviare a oggi la mobilitazione generale per dar vita, a Gela, a un concentramento regionale, davanti ai cancelli del petrolchimico, alla presenza di delegazioni provenienti dai siti industriali di ogni angolo della Sicilia, con la partecipazione del nuovo segretario nazionale della categoria, Geremia Mancini, alla sua prima uscita ufficiale, essendo stato eletto sabato scorso.
“Cercheremo di innalzare a battaglia nazionale il problema di Gela – ha detto, Mancini – perché se noi lasciamo che ogni problema diventi del territorio rischiamo di avere tanti territori in crisi e un Paese in ginocchio. Allora dobbiamo fare al contrario: tentare di sollevare tutte le zone per avere un Paese che si rimetta in piedi. E Gela da oggi rappresenta la battaglia delle battaglie”.
Lo sciopero nazionale delle maestranze dell’Eni, proclamato da Cgil, Cisl e Uil, vede la partecipazione di numerosi rappresentanti degli altri 30 mila dipendenti del gruppo.
Un quadro chiaro della situazione potrà essere tracciato domani, quando, al ministero per lo Sviluppo economico, l’Eni illustrerà i suoi programmi davanti a sindacati confederali, governo, Regione siciliana e comune di Gela.
“Al Governo chiediamo che l’azienda di cui è primo azionista rispetti gli impegni presi a Gela e a Porto Marghera, che si punti cioè a difendere l’occupazione e che, se si avviano nuove produzioni, non siano sostitutive della produzione chimica e della raffinazione”. ha specificato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
“Renzi faccia lui, sia intraprendente su questo, lo aspettiamo a un incontro per chiarimenti, vogliamo che Palazzo Chigi convochi i sindacati e ci dica cosa vuol fare degli accordi sottoscritti appena poco tempo fa”, ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.
“Sarebbe disastroso – ha spiegato Bonanni – far vedere agli investitori stranieri che anche le aziende che hanno partecipazione pubblica non sono interessate a investire in Italia: come si fa a dare segnale di sfiducia verso il proprio paese?”. Per il leader della Cisl “questa vertenza è il simbolo dell’Italia che sarà: se sarà affrontata con responsabilità sarà prospera, se invece il Governo farà teatrini e scaricabarile sarà il deserto”. Bonanni ha anche sottolineato che “per noi vanno bene anche soluzioni di investimento diverse ma Gela e Marghera devono essere garantite”.