Il soprannominato “treno della morte” è partito in direzione di Donetsk, ma proseguirà sino alla stazione di Dnipropetrovsk a causa della pericolosità della zona. Dei 298 morti, sono stati recuperati 272 cadaveri e, di questi, 251 sono racchiusi nei sacchi neri.
Il tempo è poco e bisogna evitare che la decomposizione dei corpi vada avanti: il convoglio non è una cella frigorifera e il fetore è così forte che qualcuno addirittura sviene. Il premier Arseni Yatsenyuk ha dichiarato di voler consegnare ad Amsterdam il completo coordinamento dell’inchiesta internazionale. Petro Poroshenko ha nel frattempo chiesto all’esercito di interrompere le operazione militari in un’area dal raggio di almeno 40km dal luogo dell’impatto e le stesse indicazioni sono state date da Putin ai suoi miliziani. Ciò nonostante i soldati filorussi proseguono nei combattimenti.
“Non abbiamo rilevato la presenza di nessun missile. Ma a 4 -5 chilometri dal Boeing 777 c’era un caccia ucraino SU-25. Ora Kiev deve spiegare cosa ci faceva lì”: il ministero della Difesa a Mosca accusa Kiev, rimarcando quanto affermato dalla Repubblica Popolare di Lughansk sul proprio sito internet a qualche ora dall’incidente.
Mark Rutte, il primo ministro olandese, ha spiegato che la priorità del suo governo è quella di recuperare e identificare i resti dei cadaveri, 193 dei quali olandesi: “È chiaro che la Russia deve usare la propria influenza sui separatisti per migliorare la situazione sul terreno – ha riferito Rutte – Se nei prossimi giorni l’accesso all’area del disastro restasse inadeguata, allora tutte le opzioni politiche, economiche e finanziarie sono sul tavolo contro coloro che sono direttamente o indirettamente responsabili di ciò”.
Nel frattempo, Barack Obama, in conferenza stampa alla Casa Bianca, ha invitato Mosca a collaborare sull’indagine: “Putin ha addestrato e armato i ribelli, la Russia ha influenza su questi separatisti, ha fornito loro materiale militare. La Russia e Putin hanno responsabilità diretta per costringere i separatisti a collaborare”. E conclude: “Non bastano le parole, ora servono i fatti”.